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lunedì 21 aprile 2014

Certificaro antipedofilia

NON DEVONO PRODURLO I COLLABORATORI MA COLORO CHE SI APPRESTINO AD UN CONTRATTO DI LAVORO


Certificato anti pedofilia per dipendenti e collaboratori. I dubbi sugli adempimenti obbligatori per gli odontoiatri


Il 6 aprile scorso è entrato in vigore il D.lgs. 4.3.2014 n. 39, in attuazione della direttiva 2011/93/UE per contrastare l`abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile.
Il Decreto, di fatto, obbliga i datori di lavoro di richiedere il certificato penale del casellario giudiziale per i propri dipendenti se hanno "contatto diretti e regolari con minori". 

In confronto alle tante norme burocratiche che assillano professionisti ed imprese questa non è sicuramente tra le più pesanti (oltre al tempo perso bisogna aggiungere qualche decina di euro a certificato) ma come spesso succede in Italia le cose non sono semplici come sembrano, a cominciare dalla sanzioni, pesanti per chi non si avvale di personale privo del certificato: da 10 a 15 mila euro la sanzione prevista.

Come deve comportarsi l'odontoiatria o il medico che tra i suoi pazienti ha anche dei minori e chi si avvale non di dipendenti ma di collaboratori, quali ad esempio un ortodontista o igienista dentale?
A pochi giorni dall'entrata in vigore della norma, come spesso avviene per l'attuazione di direttive europee, mote categorie professionali hanno chiesto chiarimenti al ministero competente, in questo caso quello della Giustizia.

Innanzitutto il primo problema riscontrato era che il Casellario giudiziario non rilasciava uno specifico certificato con indicata la posizione in merito ai soli reati legati alla pedofilia, ma tutti i reati, ledendo così la privacy del dipendente.

Altro problema era capire se il decreto interessava anche i dipendenti già assunti ed i collaboratori.

Con due note di chiarimento il Ministero della Giustizia precisa che l'obbligo riguarda esclusivamente i neo assunti dal 6 aprile scorso o per quelli il cui contratto, scaduto, è stato rinnovato dopo quella data. Per il rilascio del certificato, in attesa che l'amministrazione pubblica si attrezzi e produca un documento specifico, vale una dichiarazione sostitutiva del dipendente. Ministero che chiarisce, anche, che in questa prima fase gli eventuali controlli terranno conto di questi problemi.

I dubbi sull'interpretazione nascono quanto si cerca di capire gli adempimenti per le singole situazioni professionali. 

Per fare chiarezza il sito del Ministero della Giustizia ha creato una sezione delle domande e risposte (FAQ), per fare chiarezza, ma così sembra non essere.

Infatti alla domanda: "Attività professionali quali esempio quella di medico odontoiatra o medico pediatra che comporta attività verso i minori e` assoggettata alle prescrizioni del DL 39/2014 con riferimento ai propri lavoratori dipendenti?", la risposta del ministero è "Si".
Ma non finisce qui, sempre secondo il ministero anche i collaboratori con partita iva, quindi l'ortodontista o l'igienista dentale, dovrebbero presentare il certificato allo studio in cui collaborano. Almeno stando alla risposta data ad un presidente di una associazione culturale che si avvale della collaborazione di professionisti con partita iva.

"Siamo di fronte alla classica applicazione dei decreti europei in Italia dove non ci si pone il problema di adattare la norma alla realtà produttiva del nostro Paese", ci dice Alberto Libero Segretario Sindacale ANDI (nella foto).
"Come ANDI ci siamo subito attivati presso il Ministero della Giustizia per chiedere chiarimenti ed abbiamo fatto interpretare la norma dai nostri esperti. Per noi, l'odontoiatra che non tratta esclusivamente pazienti minori non è interessato dalla norma, tanto meno chi si avvale di collaboratori. A nostro parere le circolari ministeriali sono chiare e valgono di più di una FAQ sul sito e queste indicano chiaramente che l'obbligo di richiedere il certificato ai sensi dell'art. 25 bis del DPR 313/2002 è nei casi in cui si instaura con la persona un rapporto contrattuale con prestazioni corrispettive. Quindi con l'assistente no di certo anche perché non può certo svolgere attività clinica e quindi non svolge attività che comporti un contatto diretto e regolare con i minori. L'obbligo non sorge, indiscutibilmente, neppure per le forme di collaborazione che non si strutturino all'interno di un definito rapporto di lavoro e quindi per una eventuale collaborazione con collega ortodontista".

Dello stesso parere il presidente della FNOMCeO Amedeo Bianco che in una nota inviata ai presidenti OMCeO sottolinea come "il Ministero della Giustizia abbia precisato che l'obbligo di tale adempimento sorge soltanto ove il soggetto che intenda avvalersi dell'opera di terzi si appresti alla stipula di un contratto di lavoro". 
L'obbligo invece non sorge, continua la nota del presidente Bianco, "ove si avvalga di forma di collaborazione che non si strutturino all'interno di un definito rapporto di lavoro".