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giovedì 27 marzo 2014

Assistente poltrona effettua prestazioni, sospeso responsabile sanitario

Assistente poltrona effettua prestazioni, sospeso responsabile sanitario


Il fatto
nel corso di una azione ispettiva presso uno studio odontoiatrico, l’assistente alla poltrona era stata colta nell'atto di effettuare prestazioni odontoiatriche consistenti nella ricementazione di un "ponte inferiore" staccatosi e nella rimozione di un punto di sutura.
L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri competente aveva irrogato la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione per tre mesi, per avere il professionista, in qualità di responsabile sanitario, omesso di vigilare sull'attività odontoiatrica.
Il provvedimento disciplinare veniva confermato dalla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie; da qui il ricorso dinanzi alla Suprema Corte.

Profili giuridici
La Cassazione ha affermato la coerenza del percorso argomentativo del provvedimento impugnato, che ha ravvisato nella condotta del sanitario un comportamento negligente, consistito nella omissione di ogni cautela idonea ad evitare che prestazioni a lui riservate fossero svolte da suoi collaboratori, a ciò non abilitati.
Sarebbe stato onere dell'odontoiatra porre in essere quegli accorgimenti che la sua non continua presenza presso lo studio rendeva necessari per garantire che il personale operante presso la struttura non perpetrasse condotte abusive. In tale quadro, tra le prime misure da assumere vi era proprio quella di impedire interventi abusivi sui pazienti in assenza del sanitario.

[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]

Direttiva ferita da taglio

Direttiva ferite da taglio, cosa prevede e come devono comportarsi gli studi odontoiatrici e d'igiene orale


Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto legislativo 19 del 19 febbraio 2014 "Attuazione della direttiva 2010/32/UE che attua l'accordo quadro in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario", gli studi odontoiatrici dovranno porre massima attenzione a quanto previsto dalla Direttiva
Ambiti di applicazione
Ad essere interessati sono tutti i lavoratori che operano, nei luoghi di lavoro interessati da attività sanitarie, alle dipendenze di un datore di lavoro, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, includendo tirocinanti, apprendisti, i lavoratori a tempo determinato e gli studenti che seguono corsi di formazione sanitaria.
Principi
La Direttiva vuole prevenire il rischio di incidenti da ferite da taglio e da punta nel settore sanitario. La direttiva si basa principalmente sulla prevenzione derivante da una adeguata formazione oltre all'adozione delle misure necessarie per evitare il rischio. Sono considerati a rischio "oggetti o strumenti  necessari all'esercizio di attività specifiche nel quadro dell'assistenza sanitaria, che possono tagliare, pungere o infettare. Gli oggetti taglienti o acuminati sono considerati, ai sensi del presente decreto, attrezzature di lavoro".
Misure da adottare
Per garantire la salute dei propri collaboratori il dentista titolare di studio ha l'obbligo di:
• Formare il personale sanitario e dotarlo di di risorse  idonee  per  operare  in  condizioni  di sicurezza tali da evitare il rischio di ferite ed infezioni provocate da dispositivi medici taglienti utilizzati.
• Adottare misure idonee ad eliminare o contenere al  massimo il  rischio di ferite ed infezioni sul lavoro, riorganizzando le condizioni di lavoro (coinvolgendo anche i lavoratori) ed adottando le tecnologie più adatte e meno rischiose.
• Assicurare adeguate misure di sensibilizzazione attraverso un'azione comune di coinvolgimento dei lavoratori e loro rappresentanti.
• Pianificare  ed   attuare   iniziative   di   prevenzione, sensibilizzazione,  informazione  e  formazione  e monitoraggio  per valutare il grado di incidenza delle ferite da taglio o da punta  nei luoghi di lavoro interessati;
Valutazione dei rischi e prevenzione
Per l'impianto della Direttiva fondamentale è la valutazione dei rischi attraverso la quale il datore di lavoro "deve garantire che la stessa includa la determinazione del livello di rischio espositivo a malattie che possono essere contratte in relazione alle modalità lavorative, in maniera da coprire tutte le situazioni di rischio che comportano ferite e contatto con sangue o altro potenziale veicolo di infezione, nella consapevolezza dell'importanza di un ambiente di lavoro ben organizzato e dotato delle necessarie risorse".
Qualora la valutazione dei rischi evidenzi la presenza di un rischio di ferite da taglio o da punta e/o di infezione, l'esposizione dei lavoratori deve essere eliminata adottando delle misure precise che sintetizziamo di seguito:
• Definizione e attuazione di procedure di utilizzo e di eliminazione sicure di dispositivi medici taglienti e di rifiuti contaminati. Per esempio garantendo l'installazione di  contenitori  debitamente segnalati e tecnicamente sicuri per la manipolazione e lo smaltimento di dispositivi medici taglienti e di materiale da iniezione usa e getta. Tali procedure saranno valutate periodicamente e costituiranno parte integrante delle misure di informazione e formazione dei lavoratori.
• Soppressione dell'uso non necessario di oggetti taglienti o acuminati introducendo modifiche nella pratica e, sulla base dei risultati della valutazione dei rischi, fornendo dispositivi medici dotati di meccanismi di protezione e di sicurezza.
• Divieto della pratica di reincappucciamento degli aghi.
• Effettuare una adeguata formazione in ordine all'uso corretto di dispositivi medici taglienti dotati  di meccanismi di protezione e sicurezza e della profilassi in caso di  ferite o punture,  sulla base della valutazione della capacità di infettare della fonte di rischio.
• Prevedere delle procedure che devono essere adottate in caso di ferimento del lavoratore.
• Adozione della sorveglianza sanitaria.
Sanzioni
La mancata applicazione da parte del datore di lavoro da quanto previsto comporta l'arresto da tre a sei mesi  o con l'ammenda da  2.740  euro  a  7.014,40  euro  per  la  violazione.
"Ritengo -ci dice Alberto Libero segretario sindacale ANDI- che il recepimento italiano della direttiva europea sia stato forzato nel disporre quasi un obbligo di sorveglianza sanitaria piuttosto che tradurre lessicalmente il testo europeo che riconosce maggior dignità al percorso di valutazione dei rischi di ogni singola realtà lavorativa e quindi del Documento di Valutazione dei Rischi".
 "La battaglia che come ANDI abbiamo condotto anche a livello parlamentare era finalizzata proprio a chiarire meglio questi aspetti soprattutto sulla sorveglianza sanitaria, peraltro ininfluente per prevenire il rischio. Se uno studio odontoiatrico avrà adottato tutte quelle procedure necessarie ed adottato gli strumenti idonei al fine di prevenire il rischio non dovrebbe essere prevenuto. Almeno nel testo emanato dalla UE così era previsto. Ma questo non è detto esplicitamente nel testo pubblicato sulla GU lasciando così alla discrezionalità di chi eventualmente verificherà la struttura sanitaria".




Nuove norme per l'attività intramoenia

Regione: nuove norme per infermieri e tecnici sanitari

QUESTA NORMA E'STETA APPROVATA IN LIGURIA E TOSCANA
Dall’ufficio stampa del Consiglio regionale riceviamo e pubblichiamo la cronaca della seduta relativa alla nuova normativa per infermieri e tecnici sanitari
E’ stato approvato con 25 voti a favore (non hanno partecipato al voto Gino Morgillo di FI, Aldo Siri e Lorenzo Pellerano di Liste civiche per Biasotti presidente) il Testo Unificato della Proposta di legge n. 219 (iniziativa del consigliere Ezio Chiesa (Gruppo misto-Liguria viva)) e della Proposta di legge n. 320 (di iniziativa dei consiglieri Ferrando, Benzi, Miceli, Maggioni, Manti, Oliveri, Scibilia del Pd): “Disposizioni in materia di esercizio di attività professionale da parte del personale di cui alla legge 10 agosto 2000, n. 251 (Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica).
Il provvedimento tende a garantire una maggiore continuità assistenziale e favorisce uno sviluppo integrato delle professionalità e riguarda circa 20 mila operatori del settore sanitario in Liguria: infermieri professionali, ostetriche, tecnici sanitari (che operano in laboratori di analisi e servizi di radiologia), tecnici di riabilitazione e prevenzione. Il testo unificato autorizza il personale sanitario non medico a svolgere attività libero professionale singolarmente: attualmente tale attività può essere svolta solo in équipe a supporto del medico. Questa modifica consente, quindi, di assicurare continuità assistenziale fra ospedale, territorio e domicilio. L’attività libero professionale potrà essere esercitata nella stessa azienda sanitaria in cui il professionista presta la propria opera oppure in regime di intramoenia allargata e dovrà essere regolamentata e autorizzata dall’azienda stessa. La giunta regionale dovrà emanare, attraverso una direttiva, le linee guida a cui dovranno attenersi le aziende sanitarie per redigere l’elenco di chi intende svolgere l’attività libero professionale e organizzare il servizio.
Sono stati approvati alcuni emendamenti, presentati da Ferrando (Pd), Benzi (Sel con Vendola) e Ezio Chiesa (Gruppo misto Liguria Viva) che prevedono, fra l’altro, che prima che la giunti emani la direttiva la commissione consiliare competente esprima un parere e che siano ascoltate le associazioni di categoria sindacali e professionali.
Luigi Morgillo (Pdl) ha chiesto il rinvio del provvedimento in quanto era assente l’assessore alla Salute Caludio Montaldo: secondo Morgillo era necessario il parere di legittimità da parte della giunta che rischierebbe di essere impugnato dal Governo per un conflitto di competenza fra poteri.
Valter Ferrando (Pd) ha ribattuto che il provvedimento ha fatto un regolare percorso in commissione e che a gran parte dei lavori ha preso parte l’assessore competente.
Il presidente dell’assemblea legislativa, Michele Boffa, ha ribadito che il provvedimento è nato in Consiglio e viene approvato dal Consiglio quindi non deve essere chiesto un parere di legittimità alla giunta. In ogni caso ha messo in votazione la proposta di rinvio, che è stata respinta, e ha aperto il dibattito.
Valter Ferrando (Pd), relatore della legge con Roberto Bagnasco (FI), ha spiegato che il testo di legge trova il suo fondamento nell’esigenza di ovviare ad una lacuna del sistema sanitario italiano, derivante in particolare dalla forte carenza di professionisti infermieri, tecnici sanitari di radiologia medica, della prevenzione, riabilitativi, ostetriche ed altri operatori delle professioni sanitarie non mediche. «Questa carenza di risorse si traduce in difficoltà organizzative da parte delle strutture sanitarie della nostra regione, che rischiano di non essere in grado di garantire adeguata sicurezza nell’erogazione delle cure e adeguati standard di assistenza infermieristica, sia a livello territoriale, sia per la continuità di cura a domicilio». Il provvedimento – ha spiegato Ferrando – mira a realizzare una migliore organizzazione dei servizi sanitari regionali sul territorio, anche attraverso uno sviluppo integrato delle professionalità e ha ricordato che «alla Regione sono consentiti spazi di intervento legislativo sia con riferimento alla competenza concorrente in materia di tutela della salute, sia con riferimento a competenze residuali per le modalità di organizzazione dell’esercizio del servizio sanitario». Il consigliere ha ricordato la sentenza della Corte Costituzionale n. 371 del 2008 con la quale è stato chiarito, con riferimento all’esercizio dell’attività libero-professionale intramuraria dei dirigenti sanitari, che l’organizzazione sanitaria è parte integrante della materia costituita dalla “tutela della salute” di competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni. Secondo Ferrando, inoltre, in altre analoghe occasioni riguardanti l’attività libero professionale intramuraria, la legislazione statale aveva consentito alle Aziende, previa autorizzazione della Regione, la remunerazione degli infermieri dipendenti a tempo pieno di prestazioni orarie aggiuntive rese al di fuori dell’impegno di servizio, in regime libero professionale. «Il testo tende, quindi – ha detto – a garantire l’adeguatezza e la completezza della risposta assistenziale ai bisogni della popolazione; mette la professionalità degli operatori delle professioni sanitarie a libera disposizione dei cittadini ai quali deve essere garantito il diritto di libera scelta del professionista infermiere e offre la possibilità al personale della categoria in questione di poter far fronte ai nuovi costi della vita, agevolando contestualmente coloro che si affacciano al mondo del lavoro che potranno così avere una più ampia disponibilità di professioni che consentano una pluralità di sbocchi lavorativi, in tal modo anche più remunerativi». Ferrando ha concluso ricordando che la legge non comporta oneri aggiuntivi per la Regione e ha replicato a chi in aula ha dichiarato che il testo supera le competenze regionali ribadendo che, nel caso in cui la proposta non andasse in porto per obiezioni da parte del governo, non si verificheranno contraccolpi in quanto la sua messa in atto partirà comunque dopo 60 giorni, una volta concluso l’iter legislativo. Nell’eventualità peggiore, di impugnativa da parte del governo davanti alla Corte costituzionale sarà stato compiuto comunque un primo passo per tutelare i diritti di una categoria che conta migliaia di operatori in Liguria.
Francesco Bruzzone (Lega Nord Liguria Padania) ha annunciato il voto favorevole del suo gruppo anche se non ha nascosto il rischio che vada in contrasto con le norme dello Stato e quindi il governo faccia ricorso alla Corte costituzionale. Secondo Bruzzone, però il testo va votato comunque in momento storico in cui «chi è al governo del paese toglie ulteriormente competenze alle Regioni. Occorre dare un segnale a Roma, questo processo di accentramento nello Stato è deleterio e anacronistico». Si è in particolare soffermato sulla riforma del Titolo V della Costituzione e ha auspicato che presto venga data la possibilità di dibattere sull’argomento. Ha inoltre detto che c’è una “regia” per sminuire nel Paese l’immagine delle Regioni e ridurre le competenze concorrent.
Alessandro Benzi (Sel con Vendola), dopo l’accoglimento degli emendamenti da lui presentati, si è dichiarato a favore del provvedimento. «Non eravamo completamente d’accordo, ma poi sono stati accolti i nostri emendamenti in particolare sulla concertazione con le categorie interessate».. Riferendosi alle obiezioni avanzate da taluni esponenti della minoranza, ha detto che: «O lavoriamo sull’esclusività del rapporto pubblico impiego per tutti o altrimenti non si comprende perché a 13 mila lavoratori liguri sia vietata la possibilità di svolgere una attività intramuraria che invece è consentita ai medici». Secondo Benzi, la proposta è frutto del buon senso e può consentire di recuperare fiscalmente una parte del sommerso. Secondo Benzi, «la legge consentirà a questi lavoratori di integrare i propri redditi, di ridurre le liste d’attesa e di garantire maggiore efficienza al sistema» e ha definito la legge un sasso lanciato in uno stagno che certo non risolverà i problemi del personale sanitario e della pesante erosione del potere d’acquisto dei salari ma va a modificare un modello organizzativo troppo incentrato sul medico dove gli infermieri e i tecnici non vedono riconosciute le proprie competenze professionali e spesso sono costretti a svolgere una serie di mansioni che non competono loro. Il tutto è aggravato dal blocco del turn over e dall’aumento esponenziale di una domanda di assistenza frutto dell’aumento della vita media e delle condizioni sociali.
Luigi Morgillo (Forza Italia), dopo aver annunciato la sua intenzione di non partecipare al voto, ha sostenuto che attraverso questo testo regionale si vuole eludere una norma nazionale «La disciplina delle professioni appartiene allo Stato: sono d’accordo con la liberalizzazione delle professioni, ma con i crismi e con le regole che ci siamo dati in questo Paese». Secondo il consigliere, infatti, il testo, così come è stato strutturato, è suscettibile di impugnativa da parte del Governo che ha rivisto le competenze attraverso al modifica del Titolo V della Costituzione. E quindi, a suo avviso, la legge si traduce in una sorta di “mozione di sentimento” nei confronti delle categorie mentre ciascun direttore generale può impartire delle direttive, senza essere supportato da una precisa legge regionale, purché non in contrasto con le disposizioni nazionali. Secondo Morgillo, quindi, la legge in discussione può essere superata da un atto aziendale. Morgillo a chiesto alla giunta di esprimersi con chiarezza..
Roberto Bagnasco (Forza italia) ha chiarito che durante l’iter della legge, insieme ad altri consiglieri del gruppo, ha cercato e lavorato per introdurre «punti compatibili con la legge nazionale», grazie ai quali sono stati sviscerati e dissipati i dubbi. Bagnasco ha definito la legge molto importante, ha chiarito che la scelta di votarla è determinata dal fatto che rappresenta un riconoscimento importante per le discipline sanitarie e, nella realtà dei fatt,i non è superabile da un atto aziendale..
Matteo Rosso (Forza Italia) ha ribadito che esiste un forte rischio di impugnativa da parte del Governo, ma ha anche sostenuto che il varo di questa legge rappresenta un forte interessamento nei confronti di determinate categorie. «Oggi si fa un tentativo, si prova», ha detto, preannunciando il voto favorevole.
Edoardo Rixi (Lega Nord Liguria-Padania) si è espresso a favore del provvedimento. Ha però ribadito che meglio sarebbe stato avanzare una proposta di legge alle camere. Ha anche sottolineato che bisogna valutare a monte se un provvedimento deve essere portato o non portato in consiglio, sotto il profilo della legittimità.
Lorenzo Pellerano (Liste civiche per Biasotti presidente) come Morgillo ha annunciato l’intenzione sua e del suo gruppo di non partecipare al voto. Ha ribadito che a suo avviso non ci devono essere normative differenti, a livello delle Regioni, per la medesima professione. La disciplina delle professioni, a suo avviso, deve restare unica a livello nazionale: «Detto questo, si poteva avanzare una proposta alle camere, per introdurre novità a livello nazionale».
Alessio Saso (Nuovo centrodestra) ha annunciato il voto favorevole del suo gruppo. Ha ribadito che il provvedimento ha un obiettivo condivisibile. Non ha escluso che il provvedimento possa essere impugnato, ma ha precisato che il voto è favorevole per l’obiettivo, il merito del provvedimento. Riferendosi alle modifiche del Titolo V della Costituzione ha, quindi, auspicato che presto venga estinta la legislazione concorrente, per evitare situazioni come quella attuale.
Ezio Chiesa (Gruppo misto-Liguria Viva) si è espresso a favore della legge, ribadendo che va incontro a precise esigenze espresse dalla categoria degli infermieri. «Non è vero che ogni volta che il governo impugna una legge abbia ragione», ha detto, precisando che con questa legge si lancia comunque un segnale a favore di alcune categorie fondamentali per il settore sanitario.
Marco Melgrati (Forza Italia) ha ribadito la decisione del suo gruppo di votare il provvedimento, pur condividendo alcune perplessità espresse da Morgillo: «Approviamo il concetto che esprime questa legge».
Nel dibattito è intervenuto il presidente della giunta Claudio Burlando che ha ricordato che il testo sul Titolo V della Costituzione fu approvato dal Parlamento nel 2001 e passò alla Camera per 4 voti, di cui uno era il suo ma ha puntualizzato che quella legge prevedeva che i Governi successivi approvassero dei testi ordinari di riferimento, per definire i confini dei quei poteri concorrenti ma questo non è avvenuto. Da lì, secondo il presidente, è nato un contenzioso anche abbastanza forte tra Regioni e Governi, che ha dato molto lavoro alla Corte Costituzionale. «A dire la verità, molto di questo lavoro nasce da un uso politico dello strumento di impugnativa. La legge contro l’omofobia di questa Regione, ad esempio, fu impugnata e poi la Corte la approvò naturalmente, ma ditemi voi se una Regione non deve avere il potere di fare una legge contro l’omofobia». Secondo Burlando, oltre al conflitto tra i poteri costituzionali e legislativi è subentrato, anche da parte delle Regioni l’uso dell’impugnativa come uno strumento di stop politico. «In realtà, abbiamo perso un’occasione lunga 13 anni e adesso andiamo a chiudere una pagina, senza averla completamente scritta. Infatti, se le Regioni non contribuiscono almeno un po’ alla legislazione nazionale in alcune materie, ci dobbiamo chiedere veramente a che cosa servano». Burlando ha, quindi, precisato che In Liguria non è mai stata applicata una legge impugnata: «Abbiamo sempre avuto un principio di precauzione, ma cosa diventerà il Paese dopo questo federalismo mancato è un’incognita. La perdita di credibilità delle Regioni, per motivi tutt’affatto diversi, legati alle vicende che conosciamo anche noi, ci ha fatto essere poco credibili come interlocutori istituzionali in un momento decisivo. Noi andiamo a questo confronto con una debolezza estrema, perché noi siamo quelli degli scontrini. L’ambito di cui discutiamo è uno di quelli in cui provare ad esercitare una legislazione autonoma, finché c’è, e vedere se passa. Poi, se non passa, vedremo». Burlando ha denunciato il paradosso che ci possa essere un soggetto che fa attività privata, oppure pubblica e privata, mentre un laureato (fisioterapista, osteopata, infermiere) che condivide responsabilità e percorsi professionali con il suo collega non lo possa fare e ha ribadito che la sanità è regionale, mentre la contrattualistica è nazionale, e questa legge non modifica la contrattualistica. Secondo Burlando in una Regione che è piena di anziani e che non ha sanità privata, è possibile e condivisibile che gli operatori del comparto, regolando i rapporti con le ASL, possano svolgere la loro attività, oltre l’orario di lavoro, anche al di fuori della struttura ospedaliera o ambulatoriale. Il presidente ha poi concluso parlando del principio di sussidiarietà fra i poteri dello Stato e quelli delle Regioni e dei poteri concorrenti e ha fatto l’esempio di IIt: secondo Burlando l’IIT è a Genova perché la Regione, in base al potere concorrente in materia di ricerca, ha messo 10 milioni di euro per acquistare metà della sede e se l’Università andrà a Erzelli il potere concorrente sarà stato un intervento positivo.
Maruska Piredda (Gruppo misto) ha ribadito che in commissione ha votato il provvedimento e che, quindi, anche oggi ne sostiene la necessarietà, in quanto rispondente alle necessità della categoria infermieristica. Ha però espresso rammarico «per come si sono svolti i fatti. – ha detto – Questa è anche la motivazione che ha spinto alcuni consiglieri, oggi, a votare a favore del provvedimento di sospensione». Ha infatti ricordato che sulla proposta si sono svolte diverse sedute della commissione alle quali erano presenti anche l’assessore e gli uffici competenti. Ma, ha spiegato: «Oggi che questo provvedimento viene votato ci viene fornito un parere dall’Ufficio legislativo della Giunta che arriva un po’ a gamba tesa, non soltanto rispetto al parere fornito dal Consiglio, ma anche rispetto al lavoro che è stato svolto da tutti; quindi non soltanto dai Commissari, ma anche dagli uffici nelle Commissioni». Ha ribadito che simili fatti delegittimano non solo il consiglio, ma proprio l’Ente Regione. Ha concluso dicendo che di fronte a questa partita che si è aperta tra le competenze dello Stato e della Regione, oggi si è dimostrato che questo primo round sicuramente la Regione non lo ha vinto.
Alberto Marsella (Diritti e Libertà) ha espresso apprezzamento per la posizione assunta dal presidente Burlando. Ha ribadito che porsi troppe problematiche, e fermarsi nel timore che il provvedimento venga impugnato, significherebbe fermare l’attività legislativa del Consiglio, e, di fatto, diminuirne la forza.
La nuova disciplina per l’organizzazione e l’intermediazione di viaggi e soggiorni turistici: regolamentata anche l’attività delle agenzie online
E’ stato approvato all’unanimità il disegno di legge “Organizzazione ed intermediazione di viaggi e soggiorni turistici”. Il testo intende disciplinare una materia che finora faceva riferimento ad una legge, la 28, del 1997. Il contesto, il quadro di riferimento, le esigenze e le opportunità dell’utenza sono progressivamente mutate e si è quindi reso necessario il varo di una legge meglio rispondente alla situazione attuale. La Regione Liguria, analogamente a molte amministrazioni regionali, ha confermato la scelta del regime autorizzativo per l’apertura e l’esercizio delle agenzie di viaggio. La preventiva autorizzazione è rilasciata dalla Provincia nel cui ambito territoriale opera l’agenzia. Il mantenimento del regime autorizzativo è rivolto alla tutela degli utenti ed è teso a ridurre i rischi conseguenti a comportamenti ingannevoli a cui sono esposti i consumatori finali ed i destinatari dei servizi. A tal riguardo riveste una particolare rilevanza il fatto che si preveda, a carico di coloro che intendano aprire un’agenzia di di viaggio, l’obbligo di stipulare, prima del rilascio dell’autorizzazione, una polizza assicurativa a garanzia dell’esatto adempimento degli obblighi assunti verso i clienti. La responsabilità tecnica dell’Agenzia è affidata ad un direttore tecnico. Le figure del titolare dell’agenzia e del direttore tecnico possono coincidere. La Regione tiene l’elenco dei direttori tecnici abilitati.
Tra le maggiori novità di rilievo introdotte, va ricordato che viene disciplinata anche l’attività delle Online Travel Agency (OLTA o OTA), ovvero le agenzie che esercitano la propria attività di agenzia online. Non ci si limita, quindi, ad un mero rinvio alle norme nazionali che disciplinano genericamente il commercio online. Si è quindi ritenuto di sottoporre le OLTA a specifici obblighi, nel rispetto della legge regionale e della normativa sul commercio elettronico, in maniera analoga a quanto avviene per le agenzie operanti in modo tradizionale tramite sedi aperte al pubblico. La legge, inoltre, si propone di contrastare il fenomeno dell’esercizio abusivo dell’attività di Agenzia di Viaggio intervenendo sia nel potenziare i controlli, sia delimitando in modo più preciso le attività ammissibili da parte di soggetti quali Associazioni ed altri soggetti di natura non lucrativa nell’organizzare e proporre viaggi.

mercoledì 5 marzo 2014

Due PEC per i professionisti

Stessa persona ma due caselle PEC. 
La burocrazia distingue tra lavoratore autonomo e cittadino


Dal 2009 i liberi professionisti iscritti ad un Ordine professionale hanno l'obbligo di dotarsi di una casella di posta elettronica certificata e comunicarla al proprio Ordine. 

I professionisti furono i primi a dover adempiere a quanto disposto nel decreto anticrisi (185/2008), successivamente furono le società ed le imprese individuali a dover rispettare l'obbligo. Dal maggio 2009, con la PEC il Governo volle creare uno strumento che permettesse al risparmio di denaro per imprese e lavoratori autonomi evitando di utilizzare la classica "raccomandata" per inviare documenti e per seguire alcune procedure amministrative direttamente dal web.

Stesso obiettivo per i cittadini. In quest'ottica il "Dipartimento per la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e per l'innovazione tecnologica" 
assegna gratuitamente ai cittadini italiani una casella di posta elettronica necessaria per dialogare con la Pubblica Amministrazione.
Dal 2013 è stato, poi, istituito il registro degli indirizzi di posta elettronica certificata (
INI-PEC) dove è possibile trovare l'indirizzo di posta certificata di imprese e professionisti. 

Ma il professionista, che è anche un cittadino, può utilizzare la propria PEC rilasciata dal Dipartimento per la digitalizzazione della PA per iscriversi al registro oppure utilizzare per dialogare con la Pubblica Amministrazione per le questioni private con la Pec dello studio?

No, alla faccia della semplificazione.

La precisazione è arrivata nei giorni scorsi dal Ministero dello Sviluppo Economico che, rispondendo ad un quesito posto da numerosi Ordini professionali, ha indicato che l'indirizzo di PEC da comunicare al registro della posta certificata di imprese e professionisti (INI-PEC) deve essere diverso da quello di posta certificata del cittadino contraddistinta con l'indirizzo 
tuo.nome@postacertificata.gov.it
Così come per le comunicazioni alla Pubblica amministrazione come cittadini non si potrà utilizzare l'indirizzo di PEC utilizzata come liberi professionisti o come lavoratori autonomi.

Violata la Costituzione

Le professioni sanitarie e la Costituzione violata

28 FEB - Gentile direttore,
ho letto dalle pagine del vostro giornale on-line, che il Ministero della Salute ha appena emesso un nuovo decreto sulla rappresentatività, che ha riconosciuto, ai sensi del D.M. 26 aprile 2012, ulteriori associazioni professionali autorizzate a poter svolgere attività di collaborazione istituzionale con il Ministero della salute e gli organismi e istituzioni sanitarie.
 
Tutto giusto, tutto corretto, salvo per un problema di sostanza. L’Italia con la mancata attuazione della delega inclusa nella legge 43/2006 e la successiva emanazione del D.M. 26 aprile 2012, a mio parere, ha di fatto violato l’articolo 3 della Costituzione. Non è possibile che nello stesso sistema giuridico-istituzionale convivano professioni sanitarie regolamentate con l’obbligo d’iscrizione ad albi (di diritto pubblico) e altre professione sanitarie sovrapponibili alle prime, regolate con un diverso istituto giuridico.

Questa situazione determina che alcuni cittadini/professionisti sono inseriti sul piano normativo come cittadini di serie A e altri cittadini/professionisti sono considerati sempre sul piano normativo di serie B. Personalmente vivo questa condizione come una palese discriminazione, che mi fa vedere l’Italia come un paese non rispettoso dei diritti fondamentali della persona. Quello che non riesco a comprendere è la miopia di chi sembra non dimostrare attenzione per le possibili violazioni dei principi fondamentali, come il principio di uguaglianza tra cittadini di fronte alla legge. Un sistema è in equilibrio quando tutti sono messi nelle stesse condizioni ed opportunità. In ragione di quanto detto, il nostro non è un sistema in equilibrio.


Mi sembra palese che oggi nessuno, tanto meno la classe politica, sembra in grado di spiegare o giustificare come mai non si riesce ad completare, con l’attivazione dei relativi albi, il riordino, iniziato negli anni ’90, delle professioni sanitarie riconosciute. Forse (parlo per ipotesi) nel nostro Paese sono presenti delle resistenze illegittime che impediscono le riforme necessarie. Una simile spiegazione non mi sembra seria, non può rappresentare una giustificazione per quello si è omesso di fare. Piuttosto rappresenterebbe (parlo per ipotesi) un’evidente inadeguatezza di chi fosse succube di queste pressioni.
 
Mi rendo conto che nel nostro Paese è oberato da questioni di grande rilevo e priorità, che vanno affrontate al più presto. Tuttavia, non mi sembra credibile chi tenta di eludere il problema, in nome dell’emergenza di turno. La crisi che vive il nostro Paese è di sistema, per cui non è possibile agire in funzione dell’impatto percepito a macchia di leopardo. Le questioni vanno sviluppate in modo progressivo, senza eccezioni o rinvii, specie se concorrono all’ammodernamento del Paese a costo zero, come nel nostro caso. Non volere risolvere tali criticità significa salvaguardare logiche patologiche, ma soprattutto nega ai cittadini la possibilità di cogliere i possibili vantaggi, che queste riforme comportano.

Direttore siamo chiari e diretti sul punto, se il sistema Ordinistico delle professioni sanitarie è un sistema utile al cittadino, allora la politica ha il dovere di attuarlo rispetto a tutte le professioni sanitarie (riconosciute e regolamentate) senza indecisioni e titubanze. Se invece non si ritiene tale strumento utile, allora il legislatore ha il dovere di eliminarlo dal nostro sistema giuridico da subito, senza eccezioni e soprattutto oggi, non forse domani.

L’ambiguità giuridica non fa di noi uno stato di diritto. Ogni qualvolta si assiste una disparità di trattamento siamo di fronte a una violenza. In ogni caso è inaccettabile una condizione come questa in cui metà dei cittadini/professionisti è di serie A e l’altra metà di serie B, in base ad una costruzione giuridica che li discrimina.

Questa situazione richiama gli anni bui del medioevo, dove si era costruito un sistema sociale basato sul principio che alcuni valessero più di altri, a dispetto e negazione dei valori dominati in cui ad ogni persona corrispondeva un’anima. Forse la pessima collocazione dell’Italia nelle classifiche internazionali sulla giustizia e sulla legalità passa anche da questi aspetti.
Francamente, non so cosa aspettarmi dal governo appena nato, avrà il coraggio di realizzare quello in cui altri prima hanno miseramente fallito? Il Parlamento sarà recettivo e coerente sui valori in gioco? Il medioevo lo vivo già, adesso vediamo se il nuovo è quello che dice di essere.

Angelo Papa 
Fisioterapista 

28 febbraio 2014