LIBERALIZZATA LA PUBBLICITA’ SANITARIA: l’AGCM sanzione la FNOMCeO perché il codice deontologico limita la concorrenza
29 SET 2014
Decisione storica – e molto attesa – questa dell’AGCM sulla pubblicità sanitaria.
Con provvedimento 25078/2014 (pubblicato sul Bollettino 37/2014) l’AGCM ha stabilito che le norme in materia di pubblicità sanitaria contenute nel precedente Codice Deontologico - ed altresì nel nuovo codice approvato a Maggio 2014 - violano la legge 248/2006 ed i principi comunitari della concorrenza.
Cioè sono formulate in maniera tale da consentire agli ordini professionali (in particolare alle CAO perché i casi analizzati sono tutti di odontoiatria) di aprire “strumentalmente” procedimenti disciplinari attraverso i quali limitare e boicottare la pubblicità. E quindi la lecita concorrenza tra i professionisti.
Sanzione pesantissima per la FNOMCeO: € 831.816,00 e l’obbligo di attivare immediatamente misure atte a porre termine all’infrazione.
Vale a dire: modificare il codice deontologiconella parte che riguarda la pubblicità, liberalizzandola.
E sotto questo profilo l’AGCM stabilisce con grande precisione quali limitazioni sono da considerare contrarie alla concorrenza e vanno quindi rimosse.
Qui un elenco sintetico degli input dati dall’AGCM:
- Come noto il Codice Deontologico prevedeva solo la possibilità di “pubblicità informativa” mentre vietava quella “promozionale”. Secondo l’Autorità tale divieto di “pubblicità promozionale” è da considerarsi illegittimo se si considera che scopo della pubblicità è proprio la promozione dei servizi offerti da un professionista. Sul punto si richiama anche la Direttiva 2000/31/CE dell’8 giugno 2000 definisce come “comunicazioni commerciali”, all’articolo 2, lettera f), “tutte le forme di comunicazione destinate a promuovere, in modo diretto o indiretto, beni, servizi, o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di una persona che svolge un’attività commerciale, industriale o artigianale o una libera professione.” Da ora in avanti, quindi, la pubblicità promozionale potrà essere realizzata.
- Ancora più forte poi la piena apertura proposta dall’AGCM in materia di “pubblicità comparativa”, che oggi è totalmente vietata dall’articolo 56, comma 2, del Codice di deontologia medica 2006.
Secondo l’AGCM tale forma di pubblicità va invece considera legittima “se si considera che tale forma di promozione è, per sua natura, finalizzata alla valorizzazione degli elementi che differenziano il servizio pubblicizzato e ha quindi un contenuto tipicamente informativo”. Qui l’Autorità richiama la Commissione europea che nella propria Relazione del 2004, ha affermato come sia “ampiamente riconosciuto che la pubblicità, ed in particolare la pubblicità comparativa, può essere uno strumento di concorrenza fondamentale per le nuove imprese che fanno il loro ingresso nel mercato e per le imprese esistenti che lanciano nuovi prodotti”. - Ma la parte più interessante della decisione è senza dubbio quella che riguarda il parametro del “decoro professionale”.
L’AGCM critica la circostanza che tale parametro sia stato inserito nell’articolo 56 del Codice di deontologia medica 2006 come clausola generale cui deve conformarsi la pubblicità, senza fornire criteri che concorrono a individuarne chiaramente l’esatto contenuto prescrittivo, rendendolo in tale modo suscettibile di interpretazioni e applicazioni ingiustificatamente restrittive.
Ma si spinge anche oltre ricordando che come già evidenziato dall’Autorità nella citata IC34, in conformità con i principi antitrust, “nel settore dei servizi professionali, la nozione di decoro dovrebbe essere inserita nei codici di autoregolamentazione esclusivamente come principio generale che incentivi la concorrenza tra professionisti, al fine di rafforzare i doveri di correttezza professionale”, trattandosi di una nozione che dovrebbe “mirare a salvaguardare l’etica professionale, ossia a garantire il corretto espletamento della professione” ed essere “utilizzata nei codici di condotta come principio generale dell’agire del professionista, potendo essere volta, a titolo esemplificativo, a garantire lo svolgimento diligente ed esaustivo delle prestazioni professionali richieste, la coscienziosa preparazione tecnica, la disponibilità all’aggiornamento continuo anche dei collaboratori e dipendenti, l’efficiente organizzazione del team professionale, la correttezza professionale nei confronti dei colleghi e degli utenti”.
Al contrario secondo l’AGCM non dovrebbe essere invece associata ad aspetti economici della professione (come la pubblicità) poiché in questo caso “il rischio è che i principi di etica professionale vengano utilizzati non per la tutela di interesse generali, ma per la difesa di posizioni acquisite”.
Del resto, né il Legislatore della 248/2006 né quello del D.P.R. n. 137/12 hanno ritenuto necessario richiamare il parametro del “decoro professionale” in relazione alla pubblicità dei servizi professionali, ritenendo sufficiente, per tutelare gli interessi generali di protezione dei consumatori e di sanità pubblica, prescrivere che essa sia “funzionale all'oggetto, veritiera e corretta, non deve violare l'obbligo del segreto professionale e non dev'essere equivoca, ingannevole o denigratoria”. - Passando al tema tariffe, come si ricorderà il punto 5 Linee Guida stabiliva che le stesse potevano essere comunicate solo se pubblicizzate insieme ad altri elementi. Secondo l’AGCM tale previsione costituisce un’ingiustificata limitazione delle modalità con cui un professionista può promuovere i servizi offerti. Al contrario l’Autorità reputa che il prezzo da solo possa costituire un importante elemento informativo nella determinazione delle scelte dei consumatori, nonché una primaria leva del processo concorrenziale, come del resto già riconosciuto dall’articolo 2 del D.L. n. 223/06 (“[...] nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni [...]”). Anche la suddetta disposizione deontologica ha pertanto un oggetto restrittivo della concorrenza.
Da ultimo l’AGCM svolge una serie di valutazioni sul nuovo Codice Deontologico maggio 2014.
Nonostante la FNMOCeO avesse sostenuto nelle proprie difese che quest’ultimo doveva considerarsi in linea con i dettami della concorrenza, l’Autorità ha ritenuto invece che sia necessario un ulteriore sforzo di liberalizzazione.
Più esattamente l’ACGM rileva infatti che, seppure sia stato eliminato dall’articolo 56 il parametro del “decoro professionale”, sono stati però introdotti, al secondo comma, una serie di parametri alcuni dei quali molto generici e non previsti dalla vigente normativa [la pubblicità sanitaria dovrebbe essere “prudente, obiettiva, pertinente"] e pertanto potenzialmente suscettibili di una applicazione restrittiva della concorrenza.
Inoltre, pur essendo stato eliminato dall’articolo 56 il divieto di “pubblicità promozionale”, è ancora previsto, al terzo comma, un generale divieto di pubblicità comparativa che va invece eliminato.
Secondo l’AGCM occorre quindi che la FNOMCeO rimetta mano al Codice deontologico e riscriva le regole sulla pubblicità.
E’ notizia di stamattina che la FNOMCeO intende ricorrere davanti al TAR avverso questa decisione.
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