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martedì 1 ottobre 2013

Rettifica a ANDIINFORMA


ANDIIFORMA e le direttive ai propri associati

 Chiesta la pubblicazione su IlDentale


Gentile Direttore, per cercare di rendere trasparente l’operato degli igienisti dentali, le chiedo di poter pubblicare quanto segue.

Ho letto recentemente su ANDIIFORMA il parere legale dell’avv. Valentina Vaccaro che riporto integralmente:

Gli igienisti dentali possono aprire strutture sanitarie autonome? Il parere del legale
L’analisi della legislazione vigente consente di affermare che, allo stato, non vi sia la possibilità per gli igienisti dentali di aprire strutture sanitarie autonome, addirittura senza l’autorizzazione sanitaria richiesta dal D. Lgs. n. 502/92.
Osta a tale possibilità la legge sul profilo dell’igienista dentale che esplicita come l’attività debba essere svolta “su indicazione”, perciò sotto il controllo costante, dell’odontoiatra, il quale è chiamato a svolgere una serie di atti sanitari sul paziente, quali l’anamnesi, la diagnosi e il piano di trattamento.
A ciò sia aggiunga che l’igienista può utilizzare il riunito odontoiatrico soltanto nello studio del medico che l’ha potuto comprare:  infatti, per l’art 9 della L. n. 175/92 tale strumento può essere acquistato soltanto dall’iscritto all’Albo professionale di riferimento.
In buona sostanza, allo stato della normativa vigente, non appare legittima l’apertura di strutture sanitarie gestite da igienisti dentali in autonomia e svincolate dalla verifica costante preventiva, in loco, e successiva dell’odontoiatra: viepiù, poi, una struttura sanitaria che sia avulsa da ogni controllo sull’accertamento dei requisiti per l’apertura delle strutture sanitarie in forza del D. Lgs. n. 502/92.
Avv. Valentina Vaccaro, consulente legale ANDI

RETTIFICA
Letto questo ho necessità di chiarire, in qualità di Past Presidente AIDI e di Past Presidente EFDH (Federazione Europea Igienisti Dentali), a tutela della professione e dei professionisti che ogni giorno si trovano a “combattere” con queste fuorvianti iniziative tre accezioni:
una puramente lessicale, due squisitamente giuridiche:

  1. “Indicazione”: dal Vocabolario TRECANI si legge:
Atto dell’indicare; più spesso concr, i cenni, i segni, le parole, o la scritta, il cartello con cui si indica: seguire, fornire un’i.; ci hanno dato i. inesatte e abbiamo perso la strada; l’i. della pagina è sbagliata; per trovare l’ufficio adatto, leggi le i. in cima al corridoio. Anche riferito a strumenti di misura: il tachimetro dà l’i. della velocità; dirigersi secondo le i. della bussola. b.
Con sign. più ampio, suggerimento...

Tutto questo per comprendere che “L’INDICAZIONE” non è un atto certificativo come la PRESCRIZIONE che è un atto esclusivamente medico. L’indicazione è un suggerimento che si può dare in forma scritta, telefonica o a voce sulla presunta diagnosi per poi poter impostare una diagnosi d’igiene!
Men che meno richiede il controllo costante dell’odontoiatra. (c’è stato un ricorso al TAR che ha ESCLUSO definitivamente “lo stretto controllo dell’odontoiatra”)

2.    L’art. 9 della L.175/92 è stato ampliamente superato dalla direttiva del Ministero della Salute che su un quesito dei NAS e dell’AIDI si è pronunciato:
L'igienista Dentale è una libera professione e può acquistare e utilizzare il riunito come l'odontoiatra.
 ” Il direttore generale del Ministero firma un parere in cui – rileggendo il citato articolo 9 – sottolinea come dalla legge 175 si evinca che «il commercio e la fornitura di tali apparecchi sarebbe consentito unicamente nei confronti di esercenti professioni sanitarie che risultino iscritti all’albo». Dunque, mentre è da escludersi che il riunito possa essere venduto agli odontotecnici, si apre il problema delle 22 professioni sanitarie che chiedono il riconoscimento di un albo e in particolare, per quanto riguarda il riunito odontoiatrico, degli igienisti dentali. In questo caso, come recita il parere ministeriale, «si reputa che la norma vada interpretata alla luce dell'evoluzione normativa intervenuta».
E’ vero infatti che nel 1992 – quando la legge è stata promulgata – gli unici soggetti abilitati a procurarsi il riunito erano gli odontoiatri.
«Tuttavia oggi la situazione è cambiata – scrive il Ministero – in quanto, a seguito del riordino delle professioni sanitarie, sono state individuate altre figure professionali abilitate a erogare prestazioni sanitarie. E' il caso ad esempio dell'igienista dentale la cui figura è stata individuata con decreto ministeriale 669/1994 poi sostituito dal decreto ministeriale 137/99. Quest'ultimo stabilisce che il titolo d’igienista è abilitante per l'attività professionale».
3.    L’apertura di uno studio di prevenzione e igiene orale non è sottoposto dalle Regione a nessuna norma vincolante. Dal punto di vista amministrativo, la principale conseguenza di carattere generale è che il linea di principio lo studio medico non dovrebbe aver bisogno di una specifica autorizzazione, proprio perché l'elemento principale ed esclusivo del suo funzionamento è il professionista, il quale è in possesso dell'abilitazione a svolgere la professione di medico chirurgo o di odontoiatra o Igienista. Viceversa, l'ambulatorio o la struttura sanitaria hanno bisogno, per poter funzionare, di una apposita autorizzazione, in quanto si tratta di un'organizzazione complessa di lavoro, beni e servizi.
Lo conferma la sentenza della Cassazione Civile - sez. Il 30 Aprile 2013 n. 10207 la quale, anche per gli odontoiatri, deregolamenta la richiesta di autorizzazione per l’apertura di uno studio odontoiatrico, salvo manovre particolarmente invasive!

Alla luce di questi riscontri, non volendo entrare in polemiche sterili e inutili chiedo la pubblicazione di queste precisazioni con la ferma intenzione di chiedere al Presidente Prada e al Segretario Sindacale dell’Andi, la quale è riconosciuta dal Ministero come Associazione Rappresentativa della professione, di non inviare messaggi così banalmente anacronistici e fuorvianti ai propri soci per evitare un inasprirsi di relazioni tra professionisti della salute, a scapito del paziente (o persona assistita), e con gravi riflessi inerenti al codice deontologico della FENOMCeO che all’Art. 66 recita:
- Rapporto con altre professioni sanitarie –
Il medico deve garantire la più ampia collaborazione e favorire la comunicazione tra tutti gli operatori coinvolti nel processo assistenziale, nel rispetto delle peculiari competenze professionali.……chiede il rispetto reciproco per le altre professioni sanitarie.

Certa della comprensione, porgo distinti saluti
Irene Riccitelli Guarrella
Past Presidente AIDI
Past Presidente EFDH

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