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21 gennaio 2014
Una riflessione su compiti e competenze dell’igienista
dentale
Giovanni Manani
Riceviamo e pubblichiamo una lettera del professor Giovanni
Manani, già ordinario di anestesiologia in odontoiatria dell’Università
di Padova, su ruolo e spazi di intervento dell’igienista dentale. «La
figura professionale dell’igienista dentale è
stata ed è tuttora oggetto di dibattiti che potrebbero essere risolti
con soddisfazione qualora venissero riconosciute alla professione le medesime
competenze dell’igienista europeo» afferma il docente universitario.
Un recente documento del
ministero della Salute del 20 novembre 2013 informa nuovamente che l’igienista
dentale può svolgere attività “libero professionale”
in conformità del DM del ministero della Sanità 1999, n.137, art.
1, punto 3, ove i contenuti di tale documento sono riportati in tutti gli “obiettivi”
della laurea in igiene dentale di tutte le università italiane e perciò
materia “antica”
e per nulla “originale”.
La cosa ha suscitato immediatamente l’interesse di società
scientifiche e sindacali odontoiatriche e marginalmente anche di anestesia
odontoiatrica. Il presidente della Cao Giuseppe Renzo, ad esempio, riferisce
sul giornale “Odontoiatria 33” del 21 novembre 2013 che “la
posizione del direttore Giovanni Leonardi non coglie di sorpresa”
e lamenta che si potrebbero presentare problematiche di natura assistenziale in
caso di attività libero professionale, come l’emanazione di una diagnosi, l’esecuzione
della prima visita, la terapia, l’adeguatezza delle terapie, la
responsabilità nei confronti del paziente ecc. Le affermazioni di Renzo
sarebbero correttissime se il DM del ministero della Sanità
1999, n. 137 dirimesse ogni dubbio quando informa che la “cartella
clinica odontostomatologica” deve essere compilata in
collaborazione con l’odontoiatra, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze e
attraverso scambi di informazioni. Ciò non esclude tuttavia che, come ogni
altro professionista sanitario appartenente alla classe delle professioni
sanitarie tecniche L/SNT/3, anche l’igienista dentale possa allegare una “cartella
clinica di igiene dentale”.
L’igienista dentale deve infatti provvedere non solo a
prevenire, curare e assistere ma altresì a valutare psicologicamente e
clinicamente il paziente e informarlo sulla procedura e sui provvedimenti che
verranno impiegati per eliminare l’ansia e il dolore perioperatorio,
ricorrendo ai mezzi concessi che egli riterrà più opportuni e nel principale interesse
del paziente. Egli quindi non dovrà trattare solamente le patologie del
paziente che gli competono e che l’insegnamento universitario ha
prodigamente rilasciato durante i tre anni di corso, ma dovrà
farsi carico altresì di prevenire complicanze che possono derivare dalla
aggressività dell’intervento e provvedere a trattare eventuali emergenze.
Benché rispettabilissime, le opinioni di Renzo potrebbero essere
male interpretate qualora avanzassero ipotesi di subalternità
clinico-professionale dell’igienista nei confronti del dentista.
Non sembra plausibile infatti asserire che un igienista dentale abbia ricevuto
un insegnamento così inadeguato durante il corso universitario da dover essere
costantemente informato o educato sulla procedura da eseguire da parte del
dentista e da quest’ultimo tutelato in forme diverse, mentre sembra più
verosimile che dentista o medico-chirurgo legittimato all’esercizio
della odontoiatria debbano proporre all’igienista un trattamento di
competenza, che quest’ultimo dovrà esaminare ed accettare nell’ambito
delle proprie funzioni e responsabilità. Non credo che ortopedici abbiano
similmente avanzato dubbi e perplessità sulla professione del tecnico
ortopedico, gli otorinolaringoiatri su quella del tecnico audioprotesista, i
chirurghi vascolari e cardiochirurgi nei confronti del tecnico di
fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare i quali,
similmente all’igienista dentale, possono espletare la loro professione
anche in ambito libero professionale.
Ciò che irrompe nella figura dell’igienista dentale, leggendo attentamente
il DM 15 marzo 1999, n. 137, è quanto affermato alla lettera c) dell’articolo
1, punto 2 e cioè: “Provvede alla ablazione del tartaro e alla levigatura delle
radici, nonché alla applicazione topica dei vari mezzi profilattici”,
mentre al punto 3 si afferma la già accennata legittimazione dell’igienista
dentale a svolgere la propria attività professionale anche in regime “libero
professionale”. La lettura della legge pone alcune importanti riflessioni
che, da un punto di vista clinico, introducono elementi che dovrebbero
prevedere una crescita professionale continuativa dell’igienista dentale e
ulteriori qualificazioni.
Riconosciamo all’Aio alcune importanti affermazioni nel
ricorso al Tar del Lazio contro il ministero della Sanità del 3 luglio 1999
laddove recita che “la levigatura radicolare […] è un atto chirurgico vero e proprio
[...] che prevede anestesia locale preliminare” e inoltre che “l’attività
dell’igienista
dentale deve essere limitata e sotto il diretto controllo professionale”.
In altri termini le asserzioni dell’Aio all’epoca confermano che gli attuali
igienisti dentali, poiché eseguono appunto la levigatura delle radici e l’ablazione
del tartaro, non possono in molti pazienti eseguire l’intervento perché
incapaci di effettuare qualche anestesia locale e devono rivolgersi a
sostituti.
Le affermazioni dell’Aio non affrontano però
le problematiche di ordine clinico riguardanti due importanti aspetti relativi
al trattamento del dolore e dell’ansia perioperatori che caratterizzano
interventi di igiene dentale. A titolo di curiosità, nel General
Dental Council Scope of Practice del 2013 si legge che gli igienisti dentali
del Regno Unito eseguono trattamenti sul paziente dopo “prescrizione”
da parte di un dentista o direttamente e, qualora avessero sufficienti
competenze, possono eseguire tecniche anestesiologiche infiltrative e blocchi
tronculari e, fra le manualità addizionali che l’igienista
può
acquisire, c’è anche il ricorso alla sedazione inalatoria. Quanto afferma
il General Dental Council deriva dall’applicazione, nella tradizione
odontoiatrica anglosassone ed europea, di un comportamento etico indiscutibile
secondo cui il dentista “ha il dovere e il paziente ha il diritto di essere curato
senza ansia e senza dolore”. A questa regola dovrebbe aderire, a
nostro parere, anche l’igienista dentale.
Con riferimento a quanto contenuto nel documento del ministero
della Sanità del 18 novembre 2013 laddove afferma senza mezzi termini
che “avendo
l’igienista
una autonomia professionale espressamente riconosciuta dalla legge, possa
scegliere liberamente e responsabilmente nei limiti delle proprie competenze le
modalità
di effettuazione ed erogazione delle proprie prestazioni”, si possono trarre
alcune deduzioni sulle quali poter discutere.
In primo luogo non ci sembra di dover scordare che la
valutazione dello stato clinico e psicologico del paziente sottoposto a igiene
dentale rappresenti la base per poter effettuare un intervento che sia privo di
rischi e di complicanze. Qualora il trattamento dell’ansia e della paura
non trovasse alcun rimedio applicando metodi psicopedagocici e comportamentali
e il paziente gradisse una anestesia locoregionale completa, l’igienista
dentale che lavori in proprio o in collaborazione dovrebbe saper scegliere le “modalità
di effettuazione delle proprie prestazioni”. All’interno di tali modalità
dovrebbero essere comprese anche le tecniche di anestesia locale e di sedazione
inalatoria che gli competono. È molto difficile sostenere in questo
caso che l’igienista dentale non possa ricorrere a tecniche di
anestesia locale e a tecniche di sedazione cosciente, oppure che egli debba
ricorrere all’ausilio di un dentista o di un anestesista quando lavori in
proprio.
In secondo luogo, qualora venisse impedito all’igienista
dentale di trattare il paziente eludendo principi etici fondamentali ovvero il
trattamento dell’ansia e del dolore inteso come dovere dell’igienista
e diritto del paziente, risulterebbe incompleta la sua professionalità,
almeno in relazione al profilo dell’igienista europeo. Rimarrebbe inoltre
incomprensibile il motivo per cui l’insegnamento dell’anestesiologia
nel corso di laurea, benché sia “caratterizzante” e non “professionalizzante”,
consista in molte sedi nell’insegnamento dell’anestesia
locoregionale e delle complicanze; a meno che, tale insegnamento, non venga
considerato propedeutico alla acquisizione post-lauream di ciò
che manca alla professione dell’igienista dentale nel campo dell’anestesia
locoregionale e della sedazione cosciente inalatoria. È più
prossima a una soluzione ragionevole la proposta secondo cui l’igienista
dentale “potrebbe
essere autorizzato ad eseguire il trattamento analgesico e ansiolitico nei
propri pazienti a determinate condizioni”.
In terzo luogo le varie associazioni odontoiatriche e di igiene
dentale potrebbero interrompere ogni inutile polemica attraverso l’intermediazione
dei ministeri della salute e del miur facendo rispettare quanto asserito nel
documento “Space for higher education” (Bologna 18-19 giugno 1999). In questo
documento si afferma che l’autonomia delle università
deve garantire il costante adeguamento del sistema dell’istruzione
superiore e della ricerca all’evolvere dei bisogni e delle esigenze
della società per accrescere la competitività internazionale.
Nella dichiarazione di Bologna si legge che gli obiettivi dovranno essere
raggiunti nel 2010 attraverso un sistema a due cicli ove il secondo dovrebbe
condurre a un titolo di master e/o dottorato. E perché mai gli igienisti
dentali non potrebbero iscriversi in Italia ad un master di “Sedazione
e analgesia locale”? Inoltre si afferma che lo sviluppo dei curricula e il
ricorso a programmi integrati di studio, di formazione e di ricerca devono
essere considerati necessari per una istruzione superiore e per favorire l’occupazione
dei cittadini europei. E perché mai gli igienisti dentali non
potrebbero iscriversi in Italia a corsi per integrare la loro professione con
nozioni di “Sedazione e analgesia locale”?
C’è da augurarsi che ciò avvenga rapidamente, in particolare a
favore dei pazienti.
Prof. Giovanni Manani
già ordinario di anestesiologia in odontoiatria dell’Università
di Padova
già direttore del master di sedazione ed emergenza in
odontoiatria, Università di Padova
Titolare di tre insegnamenti nel master di sedazione ed
emergenza in odontoiatria, Università di Padova
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