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venerdì 22 marzo 2013

Regione Emilia Romagna, relazione Avv. Silvia Stefanelli


Bologna, 3 marzo 2011

Gentile Signora,
DOTT.SSA MARIALICE BOLDI
 Presidente AIDITALIA
A mezzo e-mail
OGGETTO: ANALISI DEI PROFILI RELATIVI ALL’AUTONOMIA PROFESSIONALE
DELL’IGIENISTA DENTALE - POSSIBILITA’ DI APRIRE UNO STUDIO
PROFESSIONALE AUTONOMO.
 Gentile dott.ssa Boldi,
faccio seguito con il presente parere all’incarico conferitomi per rispondere al quesito posto
che così può essere riassunto:
Può l’igienista dentale, a termini di legge, aprire ed essere titolare di uno
studio autonomo di igiene orale in cui operare senza la presenza
dell’odontoiatra/medico abilitato all’esercizio della professione
odontoiatrica?

Studio Legale Stefanelli
avv. Silvia Stefanelli
avv. Andrea Stefanelli
avv. Alessandra Delli Ponti
avv. Adriano Colomban
avv. Edoardo Di Gioia
avv. Valeria Fabbri
avv. Eleonora Lenzi
dott. Federico Breschi
dott.ssa Annamaria Cicerone
dott. Andrea Marinelli
dott.ssa Claudia Patti
Via Calanco 11 – 40139 Bologna – Tel. 051 6241209 – Fax 051 6241212
www.studiolegalestefanelli.it – Partita IVA: 04296890371

La risposta richiede breve inquadramento giuridico preliminare. 
1. i principi costituzionali
 Il nostro ordinamento giuridico prevede all’art. 4 della Costituzione il diritto alla
libertà del lavoro .
Tale libertà è stata poi meglio esplicitata dalla giurisprudenza intervenuta.
In questo senso la C.Cost. 9 giugno 1965, n. 45 (Foro It. 1965, I, 1163) ha così
sancito:
“dal complessivo contesto del comma 1 dell’art. 4 Cost si ricava che il diritto al lavoro,
riconosciuto ad ogni cittadino, è da considerare quale fondamentale diritto di libertà
della persona umana, che si estrinseca nella scelta e nel modo di esercizio
dell’attività lavorativa ...”
 Si può quindi pacificamente affermare che il principio cardine del nostro ordinamento
è la libertà nel lavoro e quindi il diritto a scegliere i modi di esercizio dell’attività
lavorativa .
Ovviamente tale generale libertà può essere “limitata” ed “arginata” per scelta del
legislatore.
2. le professioni intellettuali
 Il profilo sopra evidenziato si palesa con chiarezza nell’ambito delle c.d. professioni
intellettuali.
Con il termine professioni intellettuali si indicano genericamente quelle attività in cui vi
è prevalenza della attività intellettuale rispetto a quella manuale.
Se in linea di principio l’attività intellettuale è totalmente libera (art. 4 Cost.), ciò non
toglie che il Legislatore, nella sua piena discrezionalità, possa decidere di intervenire
per disciplinarla ove la stessa abbia acquisito ampia rilevanza sociale o, comunque sia
necessaria per la tutela della popolazione.
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 In questo senso, le professioni intellettuali (dette anche “libere professioni”) si
dividono in due grandi categorie:
le professioni non regolamentate1 : si tratta di professioni per le quali la legge non
stabilisce nulla. Sono quindi di libero accesso senza che sia neppure stabilito il titolo di
studio per lo svolgimento dell’attività stessa. Ne sono esempi le professioni quali quelle
della pubblicità, della comunicazione, dei vari settori artistici e musicali, della
mediazione linguistica (interpreti e traduttori), del marketing e molte altre ancora
le professioni regolamentate2 : si tratta di quelle professioni (come il medico,
l’odontoiatra, il farmacista - ma oggi anche - l’igienista dentale, il podologo, il
fisioterapista ecc...) per le quali il legislatore è intervenuto a disciplinare uno o più
aspetti della formazione e della attività professionale.
Più precisamente:
• l’iter di formazione per il raggiungimento del titolo di studio atto a garantire la
preparazione teorica necessaria al successivo esercizio
• il titolo di studio indispensabile e/o eventuali equipollenze
• gli (eventuali) i requisiti di addestramento alla pratica della professione [per es.
tirocinio e/o esame di Stato per l’abilitazione professionale ex art. 33, comma 5,
Cost. ];
• le (eventuali) norme di deontologia professionale;
• la (eventuale) iscrizione ad Ordine professionale (ove istituito)
Pertanto la piena libertà di cui all’art. 4 della Cost. trova il limite - per le professioni
regolamentate - nella specifica regolamentazione posta dal legislatore.
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1 V., tra le tante, C. St., sez. IV, 8-10-1996, n. 1087, Riv. giur. urbanistica, 1996, 415, ai sensi della
quale: «È ammessa nel nostro ordinamento l’esistenza di professioni intellettuali libere, cioè non
tipizzate legislativamente. Qualora invece la professione intellettuale venga tipizzata dalla legge,
essa può essere svolta soltanto dagli iscritti agli albi od elenchi istituiti in forza della legge
medesima; la linea di demarcazione tra le attività libere e quelle monopolizzate va ricercata
analizzando le attività elencate nelle singole leggi professionali ed attribuite in esclusiva agli
iscritti».
2 Si rinvia, tra i tanti, a Barelli, Il codice delle libere professioni, Piacenza, 2005; Piscione,
«Professioni (disciplina delle)», in Enc. dir., Roma, 1987, 1040
 Va da sè che ove il Legislatore non abbia ritenuto di porre limitazioni, si ritorna al
generale principio della libertà dell’attività professionale.
3. la disciplina delle professioni sanitarie non mediche
 Come noto poi il legislatore è di recente intervenuto in ambito sanitario per disciplinare e
regolamentare diverse figure professionali, accrescendo in questo modo il numero delle
professioni regolamentate di area sanitaria (in aggiunta a quelle tradizionali quali medico,
farmacista, odontoiatra, veterinario ecc...).
Più esattamente il legislatore è intervenuto per stabilire l’iter formativo delle professioni
sanitarie non mediche, i relativi profili professionali e le caratteristiche di erogazione delle
prestazioni, allo scopo anche di delimitarne l’ambito e l’autonomia professionale in relazione
alle altre professioni (medica e non mediche).
Per quanto rileva in questa sede, si evidenzia come tale processo ha visto un riconoscimento
progressivo dell’autonomia delle figure professionali .
In sintesi (per quanto rileva in questa sede):
 l’art. 6 comma 3 del già citato D.lgs. 502/1992 (c.d. Riforma bis del SSN) delegava il
Ministero della Salute ad emanare con proprio decreto i profili professionali delle attività
sanitarie non mediche.
 la figura dell’igienista dentale veniva disciplinata – in uno primo momento – dal DM 14
settembre 1994, n. 669: in tale decreto la figura dell’igienista dentale si trovava in una
posizione di pressochè totale soggezione nei confronti dell’odontoiatra; si stabiliva
l'igienista erogasse le proprie prestazioni “alle dipendenze degli odontoiatri e dei medici
chirurghi legittimati all'esercizio della odontoiatria” (art. 1 DM 669/1994).
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 nel 1999 veniva “riscritto” il profilo dell’igienista, dando alla figura professionale una
maggiore autonomia.
 infatti il DM 15 marzo 1999, n. 137  (oggi vigente) così sancisce:
“1. E' individuata la figura professionale dell'igienista dentale con il seguente
profilo: “l'igienista dentale è l'operatore sanitario che, in possesso del diploma
universitario abilitante, svolge compiti relativi alla prevenzione delle
affezioni orodentali su indicazione degli odontoiatri e dei medici
chirurghi legittimati all'esercizio della odontoiatria
2. L'igienista dentale:
svolge attività di educazione sanitaria dentale e partecipa a progetti di
prevenzione primaria, nell'ambito del sistema sanitario pubblico;
collabora alla compilazione della cartella clinica odontostomatologica e
provvede alla raccolta dei dati tecnico-statistici;
provvede all'ablazione del tartaro e alla levigatura delle radici nonché
all'applicazione topica dei vari mezzi profilattici;
provvede all'istruzione sulle varie metodiche di igiene orale e sull'uso dei
mezzi diagnostici idonei ad evidenziare placca batterica e patina dentale
motivando l'esigenza dei controlli clinici periodici;
indica le norme di una alimentazione razionale ai fini della tutela della salute
dentale”.
 circa le modalità di erogazione delle prestazioni lo stesso DM 137/1999 n. 137 all’art
2  stabilisce che l’igienista è abilitato a svolgere tali attività
“in strutture sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o liberoprofessionale,
su indicazione degli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati
all'esercizio della odontoiatria”  (art. 2 DM 15 marzo 1999, n. 137).
 infine la L. 10 agosto 2000, n. 251 – relativa a tutte le professioni sanitarie non mediche
– ha ulteriormente ribadito il principio dell’autonomia professionale “Gli operatori delle
professioni sanitarie dell'area tecnico-diagnostica e dell'area tecnico-assistenziale
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svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla
esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero
attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto previsto nei regolamenti
concernenti l'individuazione delle figure e dei relativi profili professionali definiti con
decreto del Ministro della sanità.”
 Pertanto dalla lettura combinata della norme di cui sopra discende che:
 il DM 137/’99 prevede espressamente la possibilità per l’igienista dentale di
svolgere propria attività in regime libero-professionale
 l’unico limite posto dalla legge è l’obbligo di svolgere la propria attività in piena
autonomia ma - “su indicazione” degli odontoiatri,
4. la possibilità giuridica per lʼigienista dentale di aprire uno studio
autonomo
Si pone a questo punto il problema di stabilire se la disciplina di cui sopra legittimi
l’apertura da parte dell’igienista dentale di uno studio proprio.
Sembra di poter pacificamente sostenere che tale possibilità sia del tutto
legittima.
Ciò in ragione delle seguenti argomentazioni.
a) il principio dell’autonomia delle professione
Come sopra evidenziato uno dei principi generali dell’attività lavorativa e, a maggior
ragione, delle libere professioni è l’autonomia professionale.
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Tale principio è stato poi espressamente affermato per le professioni sanitarie non
mediche dalla legge 251/2000 sopra riportata.
Ne discende una piena libertà di svolgere la propria attività professionale attraverso i
modi scelti, salvi limiti espressi posti dal Legislatore.
Ora, nel profilo dell’igienista dentale il Legislatore non ha posto alcun limite circa
l’obbligo si svolgere la suddetta attività in predeterminati spazi o comunque “alla
presenza” dell’odontoiatra (previsione che avrebbe obbligato a svolgere l’attività solo
ed esclusivamente all’interno dello studio odontoiatrico)3.
Anzi, a ben vedere, mentre nella prima stesura del profilo dell’igienista dentale - DM
14 settembre 1994, n. 669 - si prevedeva espressamente che l'igienista erogasse le
proprie prestazioni “alle dipendenze degli odontoiatri e dei medici chirurghi legittimati
all'esercizio della odontoiatria” (art. 1 DM 669/1994), nel DM 137/’99 (oggi
vigente) tale previsione è stata soppressa.
A riprova di una diversa scelta da parte del Legislatore.
Ne discende - proprio in applicazione del principio dell’autonomia professionale e per
la palese scelta del Legislatore - che l’attività dell’igienista può essere svolta
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3 Per completezza si precisa che per altre professioni sanitarie lo stesso Legislatore ha
introdotto scelte diverse e più limitanti.
ad esempio
Il D.M. 14 settembre 1994 n. 745 relativo al profilo professionale del tecnico sanitario
di laboratorio biomedico stabilisce che “Il tecnico sanitario di laboratorio biomedico
svolge con autonomia tecnico professionale la propria prestazione lavorativa in
diretta collaborazione con il personale laureato di laboratorio preposto alle diverse
responsabilità operative di appartenenza”
Ed ancora D.M. 15 marzo 1995, n. 183 relativo al profilo professionale del tecnico di
neurofisiopatologia stabilisce che: “Il tecnico di neurofisiopatologia applica le
metodiche più idonee per la registrazione dei fenomeni bioelettrici, con diretto
intervento sul paziente ............ in stretta collaborazione con il medico
specialista..”
anche senza la presenza fisica dell’odontoiatra e al di fuori di uno studio
odontoiatrico.
Quindi anche all’interno di un proprio autonomo studio.
b) l’indicazione terapeutica dell’odontoiatra
Nè può sostenersi che l’obbligo di erogare prestazioni di igiene dentale “su indicazione
dell’odontoiatra”, implichi l’impossibilità giuridica di apertura di uno studio autonomo
da parte dell’igienista.
Infatti.
Con la locuzione “su indicazione dell’odontoiatra” il Legislatore ha fatto una scelta
terminologica generica (probabilmente volutamente generica), che non trova
precedenti nel nostro ordinamento.
Pacifico però che l’indicazione di cui al D.M. del 1999 non possa in alcun modo
coincidere con la prescrizione.
Ciò per il semplice motivo che ove il legislatore avesse voluto sottoporre la
prestazione dell’igienista ad una vera e propria prescrizione dell’odontoiatra, l’avrebbe
scritto in maniera palese 4.
Ne discende che tale indicazione, diversamente dalla prescrizione, non deve essere
essere necessariamente scritta (come la prescrizione) ma può assumere qualsiasi
forma, anche orale o telefonica.
Pertanto, se già sarebbe sostenibile la possibilità di apertura di studio autonomo in
presenza di prescrizione (prassi peraltro diffusissima nella classe medica), a maggior
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4 Tale tesi trova peraltro fondamento nel fatto che per altre professioni sanitarie non
mediche (ad es. il tecnico di radiologia D.M. 746/94) è stata previsto espressamente
l’obbligo di prescrizione medica ai fini della liceità dell’erogazione della prestazione.
ragione tale possibilità può essere ammessa ove l’indicazione dell’odontoiatra possa
essere verbale, telefonica o altro...
Peraltro - proprio perchè non si tratta di una prescrizione, ma di una indicazione -
si reputa che l’igienista, avendo una autonomia professionale espressamente
riconosciuta dalla legge , possa scegliere del tutto liberamente e responsabilmente,
nei limiti delle sue competenze, le modalità di effettuazione ed erogazione della sua
prestazione.
Vale a dire che può scegliere se effettuare una o più sedute, quali strumenti utilizzare
(ultrasonici, sonici, manuali…..ecc), l’ intervallo tra una seduta ecc..
In sostanza la previsione (da una parte) di una piena autonomia professionale e
(dall’altra) della facoltà di erogare la prestazione in presenza della sola (anche
verbale) “indicazione dell’odontoiatra”, consentono di sostenere che l’attività
dell’igienista dentale può essere legittimamente svolta in due studi separati.
c) la carenza di disciplina specifica per l’apertura di uno studio di igienista
dentale
Relativamente poi alla mancanza di disciplina specifica per l’apertura di uno studio di
igienista dentale, si reputa che tale carenza normativa non possa, di per sè, essere
ostativa ad una libertà di lavoro tutelata costituzionalmente.
Infatti, seppure sia innegabile che ad oggi nessuna Regione abbia emanato discipline
ad hoc in questo settore, è altrettanto innegabile che ove è stata presentata una
domanda di apertura di studio per igienista dentale, le Regioni (pur in presenza di
minor complessità organizzativa) hanno concesso questa possibilità applicando, per
analogia, la disciplina degli studi odontoiatrici.
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5. conclusioni
Alla luce di quanto sopra si reputa di poter sostenere che,
non sussistendo alcun divieto espresso da parte del legislatore circa la
possibilità in capo all’igienista dentale di aprire uno studio in forma autonoma,
non essendo prevista la presenza obbligatoria dell’odontoiatra e
non sussistendo ostacoli clinici alla circostanza che la collaborazione tra
odontoiatra ed igienista avvenga in studi diversi
non sussiste nessun ostacolo giuridico all’apertura di uno studio autonomo da parte di
un igienista dentale.
Nella speranza di essere stata sufficientemente esauriente si resta a disposizione per
ogni necessario approfondimento.
cordiali saluti
avv. Silvia Stefanelli
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