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giovedì 6 novembre 2014

Responsabilità Medica

RESPONSABILITA’ MEDICA La svolta del Tribunale di Milano in materia di responsabilità medica. Due domande: che cosa cambia nella pratica? E perché il contratto tra struttura sanitaria e medico diventa così importante?
SILVIA STEFANELLI
13 OTT 2014
Per chi si occupa di responsabilità medica gli ultimi tre giorni sono stati un rincorrersi di commenti e pubblicazioni circa i contenuti della sentenza del Tribunale di Milano che ha capovolto le regole della responsabilità medica.
Vediamo di ricostruire in sintesi in cosa consista questa “rivoluzione” e quali saranno gli effetti pratici.
Dal 2000 in avanti la giurisprudenza ha sostenuto compatta che il paziente danneggiato può agire nei confronti sia del medico che della struttura sanitaria a titolo di “responsabilità contrattuale”.
Cosa significa questo in termini “non giuridichesi” e nella pratica?
Significa che struttura (pubblica o privata) e medico si sono trovati in causa ad avere un “onere della prova” molto pesante: a dover cioè dimostrare perché  la prestazione non aveva raggiunto l’obiettivo terapeutico (da intendersi non solo come peggioramento ma anche come mancata guarigione).
Nel 2012 il decreto Balduzzi inserisce invece in relazione alla responsabilità del medico un richiamo all’art. 2043 c.c. (cioè alla responsabilità extracontrattuale).
Dopo due anni di tentennamenti ed alterne posizioni della giurisprudenza di merito (e peraltro di una posizione un po’ sibillina assunta dalla Cass. n. 8940 del 2014) il Tribunale di Milano prende posizione in maniera netta a favore della responsabilità extracontrattuale del medico.
Più esattamente la sentenza interpretando in maniera letterale il Decreto Balduzzi (l.n. 189/2012) sostiene che:
·       la struttura sanitaria che ha stipulato un contratto con il paziente risponde di responsabilità contrattuale (contratto atipico di spedalità)
·       il medico che ha stipulato direttamente un contratto con il paziente (es medico che opera in casa di cura sulla base però di un contratto diretto con il paziente) risponde di responsabilità contrattuale
·       il medico che opera invece all’interno della struttura  ma non ha un rapporto contrattuale diretto con il paziente (ma ha invece solitamente un contratto con la struttura che fattura al paziente e poi paga il medico) risponde di responsabilità extracontrattuale
Che cosa cambia allora in questo ultimo caso?
Due i profili principali
Il primo è senza dubbio quello per cui la posizione probatoria del medico in causa è molto alleggerita: sarà infatti il paziente a dover provare la responsabilità del medico (e non viceversa)
Il secondo attiene alla prescrizione: il paziente infatti avrà solo 5 anni (e non 10) per chiamare in causa il medico.
In ogni caso secondo i giudici essendo unico il “fatto dannoso” (seppur distinti i criteri di imputazione della responsabilità), qualora la richiesta danni  risulti fondata struttura e medico saranno tenuti in solido al risarcimento del danno a norma dell’art. 2055 c.c. (vale a dire che il paziente potrà andare ad escutere da chi vuole)
E qui scatta la seconda parte della sentenza, che andando a decidere sul caso pratico svolge una serie di ulteriori considerazioni, sfuggite alla più parte dei commentatori e ritenute invece, da chi firma, di grandissimo interesse.
Ora, al di là delle belle elucubrazioni dei giuristi, la domanda è: ma chi paga alla fine?
Bene, su questo punto la sentenza è molto interessante.
Dopo infatti aver ricostruito tutta l’architettura giuridica della responsabilità medica  (come sopra esposto) il giudice dà atto che nel caso di specie esisteva tra struttura e medico un contratto con il quale il medico si era impegnato a manlevare la struttura sanitaria dei danni causati ai pazienti in ragione della sua attività professionale
In sostanza attraverso il patto di manleva contenuto nel contratto tra le parti (patto atipico ma legittimo) la casa di cura aveva trasferito le conseguenze risarcitorie del suo inadempimento in capo al medico con l’obbligo di quest’ultimo di tenerla indenne dal punto di vista economico.
Di conseguenza il medico – pur avendo una posizione processuale “alleggerita” – è stato condannato a rimborsare alla casa di cura tutta l’esborso economico: essendo poi stata chiamata in causa l’assicurazione a garanzia, tale risarcimento è passato in capo all’assicurazione.
Morale finale.
le strutture sanitarie si trovano in prima linea sul fronte della responsabilità medica, ma si possono salvaguardare tramite lo strumento di un contratto con un corretto patto di manleva
il medico che opera per la struttura deve stare attento alle clausole  contenute nel contratto
l’assicurazione è opportuno che verifichi i contratti in essere tra le parti.



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