Cassazione Civile – Sez. II 30 aprile 2013 n. 10207
Di
amplissima portata innovativa la recentissima sentenza Cassazione Civile – Sez.
II 30 aprile 2013 n. 10207 in materia di autorizzazione degli studi odontoiatrici.
Il quesito posto
al giudice può così sintetizzarsi: l’art. 8-ter del D.Lgs. 502/’92 richiede che
tutti gli studi odontoiatrici siano indistintamente soggetti ad autorizzazione
sanitaria, oppure la norma trova applicazione solo in
determinati casi?
Con il c.d. Decreto
Bindi (D.Lgs.
229/’99) viene introdotto l’art. 8-ter sulle autorizzazioni sanitarie degli
studi professionali che così stabilisce:
“L’autorizzazione all’esercizio di attività
sanitarie è, altresì, richiesta per gli studi odontoiatrici, medici e di altre
professioni sanitarie, ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia
ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche di particolare
complessità o che comportino un rischio per la sicurezza del paziente… “.
Le discipline
regionali intervenute in attuazione della norma (anche a seguito della modifica
del Titolo V Costituzione) hanno per lo più utilizzato le stessa formulazione
letteraria del sopracitato art. 8-ter.
In fase di
applicazione pratica, poi, tutte le Regioni hanno interpretato la disciplina in
senso ampio: si è cioè ritenuto che “tutti” gli studi odontoiatrici dovessero
possedere l’autorizzazione sanitaria, senza entrare nel merito delle effettive
attività svolte.
In altre parole,
senza verificare se (sotto il profilo di fatto) le procedure cliniche espletate
fossero “di particolare complessità” o comportassero un “rischio per la sicurezza del paziente”,
si è ritenuto che l’erogazione di tutte le prestazioni odontoiatriche, in
quanto tali, necessitassero di una autorizzazione sanitaria.
Quindi per tutti
gli studi odontoiatrici,
indipendentemente dalla tipologia di prestazioni erogate, è stata chiesta
l’autorizzazione sanitaria.
Oggi sul punto è
intervenuta la Cassazione con una interpretazione diversa.
Decidendo su una
controversia – già risoltasi favorevolmente in primo e secondo grado– la
Suprema Corte ha accolto la tesi di un odontoiatra di Fermo il quale sosteneva
di non svolgere prestazioni a rischio per la salute del paziente e che
conseguentemente non poteva essere pretesa l’autorizzazione sanitaria.
Così si legge in
sentenza
La tesi svolta dal
[Comune], secondo cui la normativa di settore sottoporrebbe ad autorizzazione
dell’Autorità preposta l’apertura di qualsiasi studio odontoiatrico, non appare
infatti trovare alcuna conferma nelle disposizioni di legge richiamate dal
Comune ricorrente, le quali
prevedono l’autorizzazione soltanto in presenza di ulteriori condizioni di
fatto, rappresentate in particolare dalla previsione che l’attività medica
comporti un rischio per la sicurezza del paziente.
In sostanza l’obbligo di autorizzazione non scatta
automaticamente per tutto gli studi odontoiatrici, ma sussiste solo in presenza
di elementi di fatto – che vanno accertati – che dimostrano l’erogazione di
prestazioni che comportino un rischio per la sicurezza del paziente.
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