Esercizio
abusivo della professione – commistione tra attività
·
È priva di
fondamento la doglianza articolata dal ricorrente, il quale pur ammettendo
espressamente di conoscere la situazione legislativa vigente, che regola
l’accesso e la prosecuzione nell’esercizio delle attività tecnico-sanitarie,
giustifica l’abusivo esercizio della professione d’igienista dentale da parte
della propria assistente argomentando in merito alla maturata esperienza
pluridecennale di costei nello svolgimento dell’attività, nonché circa la
mancata ricomprensione delle mansioni svolte nel novero di quelle riservate
alla professione di igienista. Al riguardo, in conformità al disposto della
legge n. 43/2006, e delle precedenti disposizioni dettate dalla legge n.
251/2000 e dal D.M. 29 marzo 2001 del Ministro della salute, non si può non
riconoscere alla legge il potere di determinare i presupposti necessari e
sufficienti ad acquisire una qualifica o un inquadramento professionale,
soprattutto nell’ambito particolarmente delicato della sanità (n.
65 del 6 dicembre).
Esercizio abusivo della professione – riconoscimento di titoli stranieri
·
La disciplina relativa al riconoscimento dei titoli
accademici è oggi regolata dal DPR 31 agosto 1999, n. 394, recante, all’art.
50, disposizioni particolari per gli esercenti le professioni sanitarie; in
particolare, il comma ottavo della citata disposizione statuisce che “la
dichiarazione di equipollenza dei titoli accademici nelle discipline sanitarie,
conseguiti all’estero, e l’ammissione ai corrispondenti esami di diploma, di
laurea o di abilitazione, con dispensa totale o parziale degli esami di profitto, sono
disposte previo accertamento del rispetto delle quote previste per ciascuna
professione dall’art. 3, comma 4, del testo unico, a tal fine deve essere
acquisito il preventivo parere del Ministero della Salute, il parere negativo
non consente l’iscrizione agli albi professionali o agli elenchi speciali per
l’esercizio delle relative professioni sul territorio nazionale e dei Paesi
dell’Unione Europea”.
·
Le norme sopravvenute, adottate a seguito
dell’armonizzazione con la normativa comunitaria vigente in materia (direttiva
2005/36/CE, recepita dal d. lgs. n. 206/2007), fanno quindi ritenere superate
le singole pattuizioni fra Stati, essendo ormai entrata in vigore una
disciplina generale ed assorbente, mirata ad uniformare il trattamento delle
persone nella libera circolazione fra Stati. Contestualmente, detta disciplina
istituisce un procedimento volto all’approfondito accertamento delle competenze
in un ambito così delicato quale quello sanitario. Pertanto, se ai sensi
dell’art. 1, comma 3, della L. n. 175/1992, è sancito il principio secondo cui
“è vietato l’uso di titoli, compresi quelli di specializzazione conseguiti
all’estero, se non riconosciuti in Italia”, ne deriva l’illegittimo esercizio
della professione da parte del figlio del sanitario, con conseguente
responsabilità dello stesso padre, ex art. 8, comma
uno, della legge 175/1992, per averne consentito e agevolato l’abusivo esercizio
(n. 65 del 6 dicembre).
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