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mercoledì 21 marzo 2012

esercizio abusivo della professione


Esercizio abusivo della professione – commistione tra attività
·        È priva di fondamento la doglianza articolata dal ricorrente, il quale pur ammettendo espressamente di conoscere la situazione legislativa vigente, che regola l’accesso e la prosecuzione nell’esercizio delle attività tecnico-sanitarie, giustifica l’abusivo esercizio della professione d’igienista dentale da parte della propria assistente argomentando in merito alla maturata esperienza pluridecennale di costei nello svolgimento dell’attività, nonché circa la mancata ricomprensione delle mansioni svolte nel novero di quelle riservate alla professione di igienista. Al riguardo, in conformità al disposto della legge n. 43/2006, e delle precedenti disposizioni dettate dalla legge n. 251/2000 e dal D.M. 29 marzo 2001 del Ministro della salute, non si può non riconoscere alla legge il potere di determinare i presupposti necessari e sufficienti ad acquisire una qualifica o un inquadramento professionale, soprattutto nell’ambito particolarmente delicato della sanità (n. 65 del 6 dicembre).
Esercizio abusivo della professione – riconoscimento di titoli stranieri
·       La disciplina relativa al riconoscimento dei titoli accademici è oggi regolata dal DPR 31 agosto 1999, n. 394, recante, all’art. 50, disposizioni particolari per gli esercenti le professioni sanitarie; in particolare, il comma ottavo della citata disposizione statuisce che “la dichiarazione di equipollenza dei titoli accademici nelle discipline sanitarie, conseguiti all’estero, e l’ammissione ai corrispondenti esami di diploma, di laurea o di abilitazione, con dispensa totale o parziale degli esami di profitto, sono disposte previo accertamento del rispetto delle quote previste per ciascuna professione dall’art. 3, comma 4, del testo unico, a tal fine deve essere acquisito il preventivo parere del Ministero della Salute, il parere negativo non consente l’iscrizione agli albi professionali o agli elenchi speciali per l’esercizio delle relative professioni sul territorio nazionale e dei Paesi dell’Unione Europea”.
·       Le norme sopravvenute, adottate a seguito dell’armonizzazione con la normativa comunitaria vigente in materia (direttiva 2005/36/CE, recepita dal d. lgs. n. 206/2007), fanno quindi ritenere superate le singole pattuizioni fra Stati, essendo ormai entrata in vigore una disciplina generale ed assorbente, mirata ad uniformare il trattamento delle persone nella libera circolazione fra Stati. Contestualmente, detta disciplina istituisce un procedimento volto all’approfondito accertamento delle competenze in un ambito così delicato quale quello sanitario. Pertanto, se ai sensi dell’art. 1, comma 3, della L. n. 175/1992, è sancito il principio secondo cui “è vietato l’uso di titoli, compresi quelli di specializzazione conseguiti all’estero, se non riconosciuti in Italia”, ne deriva l’illegittimo esercizio della professione da parte del figlio del sanitario, con conseguente responsabilità dello stesso padre, ex art. 8, comma uno, della legge 175/1992, per averne consentito e agevolato l’abusivo esercizio (n. 65 del 6 dicembre).

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