Gentile Dr.ssa Riccitelli Guarella,
la Sua risposta mi costringe ad intervenire nuovamente per
cercare di riportare chiarezza laddove le Sue argomentazioni giuridiche
appaiono un inconsistente sostegno ad una protesa professionale (il
"diritto" all'esecuzione dell'anestesia locale) che, per Sua
ammissione, non muove da una necessità clinica del paziente ma da esigenze
economiche dell'igienista dentale. Esigenze economiche che si pongono in
contrasto con il diritto del paziente di essere curato in condizioni di una
minimale sicurezza clinica in rapporto agli atti invasivi ai quali può essere
sottoposto.
Prima condizione, un professionista sanitario con una
preparazione medica proporzionata al rischio clinico derivante dalla iniezione
di anestetici locali.
La sua prima obiezione è però quella di dubitare che un medico
possa fare anestesia per infiltrazione se non è anestesista-rianimatore.
Si figuri un igienista dentale.
Ma, passando al lato giuridico del Suo intervento, premesso
che in base al preambolo del DM 133/99 “ spetta al Ministro della Sanità di
individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i
relativi profili, relativamente alle aree del personale sanitario
infermieristico, tecnico e della riabilitazione “ e che – per esclusione -
l'igienista dentale ricade nell'area del personale sanitario infermieristico,
con compiti di prevenzione (art. 1), la materia del contendere non è una norma
di diritto positivo che assegna all'igienista dentale la competenza di eseguire
anestesie locali per infiltrazione, e che sarebbe oggetto di giudizio di
costituzionalità se fosse impugnata dai medici o dagli odontoiatri.
La materia del contendere è una interpretazione del diritto
vigente, che Lei sostiene - e che io avverso - secondo la quale all'igienista
dentale non sarebbe preclusa la possibilità di eseguire atti medici invasivi a
mezzo di iniezione di anestetico locale.
Tale interpretazione del diritto vivente spetta alla Corte di
Cassazione.
Pertanto, per chiarezza verso i rispettivi Colleghi che ci
leggono - e che non essendo cultori del diritto portano nella discussione
argomentazioni campestri (la difesa dell'orticello) o umorali, ovvero la
esibizione muscolare di titoli accademici kilometrici sotto il proprio nome -
devo preliminarmente chiarire che il Suo riferimento alla giurisprudenza della
Corte Costituzionale non è pertinente all'oggetto della discussione e tornerò
successivamente su questo punto.
Per gli altri rilievi osservo quanto segue:
1) Conosco abbastanza bene la storia del mansionario
infermieristico per le implicazioni medico-legali connesse alla
autonomia/dipendenza delle assistenti di studio nella sterilizzazione dello
strumentario, ed il mio riferimento non era alla figura dell'igienista ma a
quella dell'infermiere professionale che Lei aveva precedentemente citato.
Ciò non toglie che l'area in cui ricade l'igienista dentale è,
per disposizione del Ministro della Sanità, quella del personale
infermieristico e, a prescindere dalla abolizione del mansionario per gli
infermieri, ciò che l'igienista può fare è tassativamente disposto nell'art. 2
che è, ad ogni effetto di legge, il mansionario dell'igienista dentale.
A fugare poi i dubbi sulla idoneità della laurea in medicina e
chirurgia ad occuparsi di qualsiasi attività medica di prevenzione, diagnosi,
cura e riabilitazione, ricordo che la sterilizzazione, come attività di
prevenzione delle infezioni, era riservata dal mansionario (DPR 225/75) agli
infermieri che, allora, facevano parte delle arti ausiliarie delle professioni
sanitarie, in assenza di norme di diritto positivo che la definissero
anche una competenza professionale dei medici.
Già nel 1971, però, la Cassazione era intervenuta in modo
incidentale e accessorio sull'argomento stabilendo che, se a causa di uno
sciopero del personale, il chirurgo decideva di eseguire comunque l'intervento,
doveva farsi carico di tutti gli atti preparatori compresa la sterilizzazione.
Nel caso specifico la paziente era caduta dal lettino operatorio e si era
fratturata il bacino con responsabilità a carico del chirurgo che non l'aveva
posizionata correttamente (Cass. Civ. Sez. III, Sent. 06.'3.1971 n° 606).
Idem per la querelle iniziata dai biologi che contestavano ai
medici l'impossibilità di fare analisi batteriologiche o batterioscopiche. Anche
in questo caso la Cassazione diede ragione ai medici stabilendo la competenza
professionale in particolari situazioni cliniche.
Questi incisi a conferma del fatto che solo la laurea in
medicina e chirurgia - conseguita dopo il percorso formativo del vecchio
ordinamento universitario del corso di laurea o di quello nuovo, rendeva - e
rende - il medico una sorta di cellula staminale totipotente, libera di
indirizzare la propria attività in qualsiasi settore relativo alla tutela
materiale della salute. alla stessa stregua della laurea in ingegneria.
2) Alcuni di questi settori, particolarissimi, sono riservati
a medici specializzati senza che, per l'esercizio professionale della
specializzazione medica dell'odontostomatologia – che non è mai stata una specializzazione
abilitante - e quindi fino all'emanazione della legge 409/85 - il legislatore
avesse mai imposto al medico la presenza dell'anestesista al quale fare
eseguire l'anestesia locale preparatoria alla terapia odontostomatologica.
D'altra parte, a nessun odontoiatra viene in mente di eseguire
una alcolizzazione trigeminale.
3) La normativa radiologica poi, ha sempre considerato la
radiologia odontoiatrica una eccezione alla regola, imponendo la limitazione
alla sola radiologia endorale complementare e indifferibile rispetto
all'esercizio clinico (ad esempio il controllo Rx dello strumento endodontico).
Il medico o il dentista potevano e possono, quindi, fare
radiologia odontoiatrica complementare all'esercizio clinico senza potere però
refertare. Quello che non è concesso è tenere in studio apparecchiature
radiologiche tipo TC cone beam e, per quanto sostengo da anni, nemmeno
l'ortopantomografo per carenza del requisito della indifferibilità.
4) Poichè il titolo minimo per l'esercizio dell'odontoiatria è
una formazione accademica di 5 anni (direttive 686 e 687/78 CE), il punto di
diritto che Lei, invece, rifiuta di accettare è che una formazione
triennale:
•
inferiore
alla durata minima di 5 anni prevista dall'UE per l'esercizio
dell'odontoiatria,
•
che è una
deroga nazionale per esigenze del SSN (D.Lgs 517/93) ad una norma comunitaria
tassativa,
•
con una
formazione medica teorica e sul paziente pari a zero e
•
che ricade
comunque nell'area del personale sanitario infermieristico,
•
le impedisca
di eseguire una anestesia potenzialmente pericolosa per il paziente, ovvero un
rischio clinico che Lei non sarebbe mai in grado di affrontare in autonomia e
che nessuna norma di diritto positivo le concede.
In questo contesto
(professioni sanitarie infermieristiche piuttosto che professioni
tecnico-sanitarie) ancora oggi gli infermieri professionali – ancorchè
laureati in scienze infermieristiche – non possano fare né l'anestesia locale
nei piccoli interventi ambulatoriali né, ad esempio, eseguire alcune iniezioni
e.v.
Un conto è una fiala di Lasix, altro è l'iniezione e.v. di
farmaci contenenti vasocostrittori o con effetti cardiovascolari.
Quando ero neolaureato mi faceva un certo effetto sentirmi
chiamare dalla caposala , con esperienza ventennale in reparto chirurgico, per
firmare la cartella clinica relativa all'iniezione ev. di sali di calcio nelle
ipocalcemie, ed essere io ad eseguirla al suo posto.
Per l'anestesia è esattamente la stessa cosa.
Forse l'evoluzione della medicina consentirà in futuro
anestesie scevre da rischi, ma se oggi certe iniezioni non le può fare
l'infermiere professionale, che ha una preparazione medica supportata da una
esperienza quotidiana sul malato, a maggior ragione non le può fare l'igienista
dentale che appartiene alla stessa area si personale sanitario.
Pertanto il riferimento che lei fa al codice civile, che per
le professioni intellettuali rinvia alle specifiche leggi professionali, è
fuorviante e non pertinente, per i motivi di metodo anticipati in premessa
(giurisdizione della Cassazione e non della Consulta per dirimere questioni
interpretative del diritto vivente).
Né serve aggrapparsi ad una sentenza della Corte
Costituzionale del 1965 (quasi 50 anni fa) emessa in un momento storico:
1.
a. nel quale
esistevano soltanto le lauree quinquennali del vecchio ordinamento (medicina,
ingegneria ecc) che ben potevano e dovevano utilizzare tutto ciò che era
funzionale al loro esercizio,
b. in cui non
esisteva neppure il mansionario delle arti ausiliarie delle professioni
sanitarie,
2.
c. in cui
nemmeno esisteva il legislatore comunitario che, soltanto nel 1978, avrebbe
stabilito la formazione accademica minima per l'accesso ad una professione
autonoma dalla medicina come l'odontoiatria e
d. in
cui la figura dell'igienista dentale sarebbe stata ipotizzata solo 30 anni
dopo.
Ma l'incoerenza delle sue argomentazioni emerge in particolare
con riferimento alla legge 251/2000.
Infatti, sia che la figura dell'Igienista dentale venga
assegnata all'area delle professioni sanitarie infermieristiche (art. 1)
Art. 1. (Professioni
sanitarie infermieristiche
e professione sanitaria ostetrica)
1. Gli operatori delle professioni sanitarie
dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria
ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla
prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva,
espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili
professionali nonchè dagli specifici codici deontologici ed utilizzando
metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.
piuttosto che all'area delle professioni tecnico-sanitarie di
cui all'art. 3
“ 1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area
tecnico-diagnostica e dell’area tecnico-assistenziale svolgono, con autonomia
professionale, le procedure tecniche necessarie alla esecuzione di metodiche
diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività
tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto previsto nei regolamenti
concernenti l’individuazione delle figure e dei relativi profili professionali
definiti con decreto del Ministro della Sanità. ”
la parte di norma che Lei omette di riferire ("...
omissis ...") nel Suo scritto riconduce, sempre e comunque, lo svolgimento
della attività professionale alle norme istitutive dei relativi profili professionali.
Si ritorna quindi al DM 133/99 e all'assenza di norme di
diritto positivo che autorizzano l'igienista dentale ad eseguire anestesia
locale.
Per le prestazioni atipiche confesso di cadere dalle nuvole e
resto in attesa di un suo riferimento ad un testo o ad una giurisprudenza del
terzo millennio che chiarisca un argomento a me sconosciuto in oltre 10 anni di
valutazione del danno in odontostomatologia e mai affrontato in sede di
aggiornamento decennale di odontologia forense.
Quanto all'inserimento nella polizza RC professionale
dell'igienista della clausola relativa alla esecuzione della ” anestesia
locale, ove prescritta dal medico e secondo i protocolli per la terapia non
chirurgica “ le sarei grato se potesse citare quale Compagnia assicuratrice
abbia assunto un siffatto rischio assicurativo e mi mostri la relativa polizza.
Scusi, ma sono come San Tommaso: se non leggo la polizza non
ci credo.
Anche se, l'unico espediente per rendere attuabile una
siffatta clausola si potrebbe ricavare dal vuoto normativo determinato dalla
mancata applicazione dei decreti attuativi della legge 43/2006.
Come Lei sicuramente saprà, questa legge recepisce la legge
251/90 e prevedeva criteri direttivi di delega legislativa che dovevano
permettere al Governo di:
art. 4.1c) individuare i titoli che consentono l'iscrizione
all'Albo
art. 4.1d) definire le attività (intese come tabellazione
legale ndr) il cui esercizio è riservato agli iscritti agli Ordini e quelle il
cui esercizio è riservato agli iscritti all'Albo.
Da allora, nonostante le numerose proroghe della delega
legislativa a mezzo DPCM, nessun Governo ha mai tabellato le attività
professionali di cui alla legge 251/90 che, ad oggi, restano ancorate agli
originari decreti ministeriali, ovvero al solo DM 133/99 per gli igienisti
dentali.
Ma tant'è. Siamo governati da una classe politica talmente
lontana dal paziente da non rendersi conto che rinviare da 6 anni la
tabellazione degli atti professionali concessi alle professioni sanitarie della
legge 251/2000, danneggia sia il paziente che i professionisti e produce
l'effetto di creare vuoti normativi che sono già stati occupati dalle società
di capitali che hanno invaso la medicina e l'odontoiatria muovendo da criteri
di massimizzazione del profitto non dissimili da quelli sui quali si fonda il
Suo preteso diritto.
In ogni caso, gli originari decreti ministeriali verranno
sostituiti da nuove tabelle che diranno soltanto ciò che è ammesso, essendo
espressamente vietato ciò che non sarà scritto in tabella.
Avrà quindi compreso che la mia motivata avversione alla Sua
pretesa non nasce dal desiderio di difendere un orticello economico (dato che
con o senza anestesia Lei può fare tutte le detartrasi e le levigature
radicolari che vuole) ma dalla nausea di un medico che, a dispetto dei suoi
stessi Colleghi - che difendono la professione solo quando tocca il loro
portafoglio - continua ad onorare quella responsabilità da contatto
sociale che impone di denunciare pubblicamente le situazioni in cui il bene
salute del cittadino scende al di sotto dei livelli legali minimi.
Le riconosco il merito di avere portato alla luce del sole
istanze che non condivido ma che meritano di essere gratificate da una risposta
istituzionale, soprattutto al fine di dirimere la liceità dell'anestesia locale
eseguita dall'igienista dentale nel superiore interesse del bene salute del
cittadino-paziente.
In tal senso la presente è inviata per
conoscenza anche al Dr. Valerio Brucoli della CAO Milano per quanto di sua
competenza.
Distinti saluti.
Dr. Ivo Lorenzini
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